sabato, 7 Giugno 2025
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Assoluzione Torrisi: il confine labile tra gesto e crimine

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La recente assoluzione del professor Santo Torrisi, sessantasei anni, docente di Medicina all’Università di Catania, rappresenta un caso emblematico che solleva interrogativi complessi sull’interpretazione del consenso, la percezione del contatto fisico e la natura stessa delle interazioni professionali in ambienti accademici e ospedalieri. Il tribunale di Catania, quarta sezione, collegio misto composto da due giudici donne e un uomo, ha accolto la richiesta di non luogo a procedere, decretando l’assoluzione del professore da accuse di violenza sessuale e molestie verbali.Le vicende, risalenti al periodo 2010-2014 e contestate nell’ambito dell’allora sede distaccata dell’Università etnea presso l’ospedale Vittorio Emanuele Ferrarotto, hanno generato un acceso dibattito che va oltre la mera ricostruzione dei fatti. L’elemento scatenante, apparentemente banale – un contatto fisico descritto come un appoggio delle mani sul seno della presunta vittima – ha innescato un procedimento giudiziario che ha messo in luce le difficoltà intrinseche nel definire con precisione i confini tra un gesto casuale, un contatto professionale (seppur maldestro) e un’azione persecutoria.La sentenza, resa pubblica con la deposizione delle motivazioni il 25 febbraio scorso, sottolinea la mancanza di elementi probatori sufficienti per sostenere l’accusa. Non emerge dalla ricostruzione dei fatti una pressione intenzionale o un comportamento prevaricante da parte del professore. La percezione del gesto da parte della presunta vittima, in contrapposizione alla sua descrizione, non ha fornito un quadro univoco che corroborasse l’ipotesi di una condotta criminosa.Il caso Torrisi si inserisce in un contesto più ampio di crescente sensibilità verso le problematiche legate alla violenza di genere e al mobbing in ambito lavorativo. L’evoluzione della legislazione e l’ampliamento della consapevolezza collettiva hanno portato a una rivalutazione dei comportamenti che, in passato, potevano essere considerati marginali o tollerabili. Tuttavia, la sentenza di assoluzione evidenzia anche la necessità di una maggiore cautela nell’interpretazione dei gesti e delle percezioni, al fine di evitare condanne ingiuste e proteggere la reputazione di individui accusati.La vicenda pone interrogativi cruciali riguardo alla responsabilità professionale, all’importanza del consenso esplicito in ogni interazione, e alla necessità di promuovere una cultura del rispetto e della comunicazione trasparente all’interno degli ambienti accademici e sanitari. L’assoluzione, pur non negando la possibilità di una percezione di disagio da parte della presunta vittima, sottolinea l’importanza di distinguere tra una sensazione soggettiva e la prova di un atto criminoso. Il caso Torrisi, pertanto, si configura come un monito per il sistema giudiziario e per la società nel suo complesso, invitando a un’analisi più ponderata e attenta nella gestione di accuse delicate e potenzialmente dannose.

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