Il Tribunale per i Minori di Bologna, con Gabriella Tomai a presiedere il collegio giudicante, ha emesso una sentenza che segna una riflessione complessa e dolorosa sulla giustizia minorile e la responsabilità penale in un contesto di violenza urbana.
Il giovane, all’epoca dei fatti sedicenne, è stato condannato a undici anni e sei mesi di reclusione per il tragico omicidio di Fallou Sall, un coetaneo di soli sedici anni, avvenuto il 4 settembre 2024 in via Piave.
L’episodio, che ha scosso profondamente la comunità, si è consumato nel corso di un alterco in cui il giovane imputato, secondo l’accusa, reagì in modo violento, culminando nella morte di Fallou.
La dinamica iniziale, come emerso dalle indagini e dalle testimonianze, ruotava attorno a tensioni preesistenti tra l’imputato e un altro ragazzo, di origine bengalese, quindici anni, amico di Fallou.
Il ragazzo bengalese era intervenuto per cercare di placare i dissidi, trovandosi a dover difendere il suo amico in una situazione di escalation di violenza.
La sentenza, pur riconoscendo la gravità del reato commesso, ha tenuto conto della minore età dell’imputato, del suo percorso personale e delle circostanze attenuanti, come la presunta reazione scatenata da un’iniziativa aggressiva.
È stata inoltre attenuata la pena originale di 21 anni di reclusione richiesta dalla Procura, evidenziando la necessità di bilanciare la punizione con la possibilità di un percorso di riabilitazione e reinserimento sociale.
Parallelamente all’accusa di omicidio, il giovane è stato giudicato anche per il tentato omicidio dell’amico di Fallou, un’accusa che è stata poi riformulata in lesioni gravi.
Inoltre, è stato riconosciuto colpevole del porto abusivo di un coltello, un elemento aggravante che ha contribuito a delineare il quadro della responsabilità penale.
La vicenda pone interrogativi profondi sulla radice della violenza giovanile, sulle dinamiche sociali che la alimentano e sull’efficacia delle misure di prevenzione e di intervento.
L’esito del processo, seppur segnato dal dolore per la perdita di una giovane vita, sottolinea la complessità del sistema giudiziario minorile, chiamato a trovare un equilibrio delicato tra la necessità di punire il reato e quella di offrire una possibilità di redenzione al futuro.
La sentenza rappresenta un monito per l’intera comunità, invitando a una riflessione urgente sulle cause profonde della marginalizzazione e dell’esclusione sociale che possono condurre i giovani a compiere scelte irreversibili.
La speranza è che questa tragedia possa stimolare nuove strategie di educazione, di inclusione e di contrasto alla violenza, affinché eventi simili non si ripetano.





