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Cospito e 41-bis: Rigetto della CEDU, ma questioni aperte.

La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha dichiarato inammissibile, per manifesta infondatezza, il ricorso presentato da Alfredo Cospito riguardante la sua detenzione al regime del 41-bis e la mancata revoca dello stesso nonostante il progressivo deterioramento delle sue condizioni di salute, derivante dallo sciopero della fame intrapreso.
La decisione, pur nella sua brevità, apre a un’analisi più approfondita delle implicazioni giuridiche e umanitarie che circondano il caso.
La motivazione alla base del rigetto si fonda sulla valutazione, da parte dei giudici europei, dell’adeguatezza delle giustificazioni fornite dalle autorità italiane.

Queste ultime hanno sostenuto la necessità di mantenere Cospito nel regime carcerario più restrittivo, il 41-bis, argomentando la sussistenza di elementi di pericolo connessi alla sua appartenenza a gruppi criminali organizzati e alla potenziale capacità di influenzare l’ordine e la sicurezza all’interno dell’istituto penitenziario.

La CEDU, in questa fase del procedimento, ha ritenuto che tali argomentazioni, presentate dallo Stato italiano, non fossero palesemente prive di fondamento e richiedessero un esame più dettagliato, sebbene non ne abbia confermato la validità.

Il caso Cospito solleva questioni complesse che intrecciano diritto penale, diritti umani e salute.
Il regime del 41-bis, concepito per contenere figure pericolose e per prevenire la commissione di atti ostili alla Repubblica, prevede misure di isolamento e restrizioni che limitano drasticamente i contatti con l’esterno.
La sua applicazione, già di per sé controversa, diventa particolarmente problematica quando si considera la condizione di salute del detenuto, in questo caso ulteriormente aggravata dalla decisione volontaria di attuare uno sciopero della fame, una forma di protesta radicale che mette a rischio la vita stessa del soggetto.
La decisione della CEDU, pur non entrando nel merito della compatibilità del 41-bis con il diritto alla salute e alla dignità umana, non preclude un successivo scrutinio da parte dei giudici italiani o di altri organi competenti.

La questione centrale rimane la ponderazione tra le esigenze di sicurezza pubblica e i diritti fondamentali del detenuto, in un contesto in cui la tutela della vita umana e la garanzia di un giusto processo rappresentano principi cardine del sistema giuridico internazionale.

Inoltre, la vicenda Cospito evidenzia l’importanza del ruolo della medicina penitenziaria e della necessità di un monitoraggio costante delle condizioni di salute dei detenuti, con particolare attenzione a coloro che intraprendono scioperi della fame.
La decisione di applicare o revocare il 41-bis dovrebbe essere sempre preceduta da una valutazione medica accurata e indipendente, in grado di considerare tutti i fattori rilevanti e di garantire che la decisione sia presa nel miglior interesse del detenuto, nel rispetto dei suoi diritti fondamentali.
La Corte Europea, pur non avendo espresso giudizi di merito, ha implicitamente sottolineato l’onere che grava sullo Stato italiano di fornire una giustificazione rigorosa e continuamente aggiornata per la prosecuzione del regime più restrittivo, soprattutto in relazione a una condizione di salute in peggioramento e a una forma di protesta non violenta ma potenzialmente letale.

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