sabato 6 Settembre 2025
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CPE Albania: la Cassazione frena il governo, un equilibrio fragile

La recente pronuncia della Corte di Cassazione solleva interrogativi cruciali sull’efficacia e la legittimità del modello di gestione dei flussi migratori irregolari perseguito dal governo, in particolare per quanto concerne i controversi Centri di Permanenza Estera (CPE) in Albania.

L’ordinanza della prima sezione penale, con una decisione di portata significativa, ha ridimensionato drasticamente l’ampiezza del potere discrezionale amministrativo nel trattenimento dei richiedenti asilo, introducendo una precisa limitazione temporale che si pone in aperto contrasto con le disposizioni del decreto-legge del 28 marzo.
L’essenza della questione risiede nel delicato equilibrio tra l’imperativo di garantire la sicurezza nazionale e l’obbligo di tutelare i diritti fondamentali dei richiedenti protezione internazionale.
Il decreto in esame, volto a rafforzare le misure di contrasto all’immigrazione irregolare, prevedeva la possibilità di trattenere i soggetti in attesa di procedure amministrative, consentendo una permanenza massima di 48 ore nei CPE albanesi, in caso di mancata convalida del provvedimento di trattenimento.

La Corte di Cassazione, con la sua decisione, ha interpretato rigidamente la normativa, affermando che la liberazione immediata del richiedente è obbligatoria in tali circostanze.
Questa interpretazione, apparentemente tecnicistica, apre un dibattito più ampio sulle implicazioni giuridiche e umanitarie del trasferimento di persone vulnerabili in un Paese terzo.
Il principio del *non refoulement*, cardine del diritto internazionale dei rifugiati, impone a uno Stato di non respingere individui verso Paesi dove rischiano persecuzioni o violazioni dei diritti umani.

L’affidamento di procedure di asilo a un Paese terzo, pur con l’accordo di quest’ultimo, solleva interrogativi sulla responsabilità della nazione che delega tali procedure e sulla possibilità di garantire pienamente i diritti dei richiedenti protezione.
La decisione della Cassazione, dunque, non si limita a una mera interpretazione del decreto-legge, ma tocca temi fondamentali come la sovranità nazionale, il rispetto del diritto internazionale, e l’effettività del sistema di asilo.
Essa evidenzia la difficoltà di conciliare le esigenze di controllo dei flussi migratori con gli obblighi inderogabili derivanti dalla Costituzione e dai trattati internazionali.

L’ordinanza invita a una riflessione approfondita sulla sostenibilità e la legittimità del modello di gestione dell’immigrazione, spingendo verso soluzioni che mettano al centro il rispetto della dignità umana e il diritto alla protezione internazionale, senza compromettere la sicurezza e l’ordine pubblico.
Si pone, quindi, la necessità di una revisione complessiva delle politiche migratorie, in grado di garantire un’accoglienza dignitosa e un’effettiva valutazione delle richieste di protezione, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e del diritto internazionale.

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