Francesca Morvillo, figura troppo a lungo relegata all’ombra del ruolo di sposa di Giovanni Falcone, vittima con lui nella tragica strage di Capaci, merita una riscoperta che restituisca dignità e luce al suo percorso professionale. La sua esistenza non può essere ridotta al destino condiviso con il marito, un magistrato di straordinaria statura. Francesca Morvillo fu essa stessa una figura chiave nel sistema giudiziario palermitano, una magistrata che dedicò oltre sedici anni ad affrontare una realtà complessa e spesso dimenticata: la giustizia minorile.La sua attività, protrattasi dal 1976 al 1992, si svolse interamente presso il Tribunale dei Minorenni di Palermo, un’istituzione cruciale per il futuro della città, impegnata a gestire situazioni di profonda marginalizzazione sociale e devianza giovanile. Lontana dalle luci dei grandi processi, Francesca Morvillo si immerse nel lavoro quotidiano, nell’analisi dei casi, nel contatto diretto con i minori in conflitto con la legge. Il suo approccio era lungimirante e innovativo per l’epoca. Si trattava di un modello di giustizia riparativa, ante litteram, che poneva al centro il recupero e la reintegrazione sociale dei ragazzi, piuttosto che la semplice punizione. Morvillo non vedeva i minori come delinquenti da rinchiudere, ma come vittime di un contesto sociale degradato, bisognosi di attenzione, supporto educativo e opportunità di riscatto.La sua visione si traduceva in pratiche concrete: colloqui individuali approfonditi, coinvolgimento dei genitori e della comunità, percorsi di mediazione e di responsabilizzazione. Si sforzava di comprendere le radici del disagio, le dinamiche familiari disfunzionali, le influenze negative del contesto criminale, proponendo soluzioni personalizzate, mirate a spezzare il circolo vizioso della devianza.La sua opera si distingueva per una particolare sensibilità verso le fasce più vulnerabili: minori stranieri non accompagnati, ragazze madri, ragazzi vittime di violenza o sfruttamento. Era convinta che l’investimento nella giustizia minorile fosse un investimento sul futuro della società, un modo per prevenire la recidiva e costruire una comunità più giusta e inclusiva.La sua scomparsa, insieme a quella di Giovanni Falcone, ha rappresentato una perdita irreparabile non solo per le loro famiglie, ma per l’intero sistema giudiziario. La sua eredità, però, continua a vivere nei professionisti che si ispirano al suo esempio, nel tentativo di applicare i principi di umanità e di giustizia che hanno sempre guidato il suo agire. Riscoprire Francesca Morvillo significa onorare la memoria di una donna coraggiosa e competente, una magistrata che ha dedicato la sua vita al servizio dei più deboli, un esempio luminoso di come la giustizia possa essere al contempo rigore e compassione.