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Francesco, 14 anni: il processo ai genitori tra scelte e responsabilità.

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La tragedia di Francesco, quattordicenne strappato alla vita troppo prematuramente, ha aperto un doloroso processo alla Corte d’Assise di Vicenza, focalizzandosi sulle responsabilità dei genitori, Luigi Gianello e Martina Binotto.

L’accusa, sostenuta dalla Procura berica, è di omicidio colposo aggravato dal dolo eventuale, un’imputazione che riflette la gravità delle scelte genitoriali che hanno portato alla morte del giovane.
Il caso solleva questioni complesse che intrecciano la libertà di scelta terapeutica, le convinzioni personali, e il dovere di garantire la salute e la sopravvivenza di un figlio.

La coppia, secondo l’accusa, ha rifiutato un percorso di cura consolidato e supportato dalla medicina tradizionale per fronteggiare l’osteosarcoma, un tumore osseo aggressivo, optando invece per il metodo New Medicine del medico tedesco Ryke Geerd Hamer, un approccio pseudoscientifico privo di validità scientifica e universalmente screditato dalla comunità medica.
L’approccio di Hamer, che attribuisce le malattie a traumi emotivi e propone terapie alternative non comprovate, ha portato a un ritardo significativo nell’avvio di un trattamento convenzionale, considerato essenziale per le probabilità di sopravvivenza del ragazzo.

Questa decisione, secondo la ricostruzione della Procura, ha contribuito in modo determinante alla progressione della malattia e al decesso di Francesco, avvenuto presso l’ospedale San Bortolo.

All’inizio del processo, i genitori si sono dichiarati pentiti, una circostanza che potrebbe influire sulla valutazione della responsabilità penale.
Tuttavia, il processo non riguarda solo l’aspetto legale, ma anche un profondo dibattito etico e sociale.
Il caso pone interrogativi sulla linea di confine tra la libertà di credere e la responsabilità genitoriale, sull’importanza della scienza e dell’evidenza medica, e sui rischi derivanti dall’abbandono di terapie validate a favore di approcci non comprovati.

La vicenda di Francesco rappresenta una tragica testimonianza dei pericoli insiti nella disinformazione e nella fiducia cieca in metodologie non scientifiche, soprattutto quando si tratta della salute dei più vulnerabili.

Il processo si preannuncia lungo e complesso, volto a fare luce sulle dinamiche familiari, sulle motivazioni che hanno guidato le scelte dei genitori e, soprattutto, a garantire che una simile tragedia non si ripeta.
La comunità scientifica e le istituzioni sanitarie sono chiamate a rafforzare l’educazione alla salute e la lotta contro la disinformazione, per proteggere i cittadini e promuovere scelte terapeutiche informate e responsabili.

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