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martedì 11 Novembre 2025

Frattura, rabbia e disillusione: un gesto di protesta contro il sistema.

L’esigenza di una resa dei conti personale si è manifestata con una gestualità che, pur nella sua drammatica singolarità, riflette una frattura più ampia, un crollo di fiducia verso un sistema.

La mia parabola professionale all’interno di Unicredit si è conclusa bruscamente, una brusca interruzione che ha lasciato dietro di sé un senso di ingiustizia e una ferita profonda.
La decisione di recarsi nel luogo dell’evento non era animata da un desiderio di aggressione diretta verso un individuo specifico, una donna che, spero, possa ora trovare conforto e guarigione.

L’atto compiuto rappresenta piuttosto un gesto simbolico, un tentativo disperato di esprimere una rabbia accumulata, un rifiuto di accettare le dinamiche e le logiche che, a mio avviso, governano il mondo della finanza.

Si trattava di un mirare non al singolo volto, ma a quella macchina complessa e spesso opaca che mi aveva accolto e poi respinto, lasciandomi con un sentimento di tradimento e disillusione.

L’obiettivo non era la violenza fisica, ma un atto di protesta, un tentativo, seppur fallito e inequivocabilmente sbagliato, di scuotere le fondamenta di un sistema che percepisco come responsabile delle mie sofferenze e, più in generale, come estraneo ai valori di equità e umanità.

La mia presenza in quel luogo non è espressione di un’impulsività gratuita, ma il culmine di un percorso di frustrazione e disorientamento.
La perdita del lavoro, unita alla sensazione di essere stato ignorato e svalutato, ha generato un senso di alienazione che ha portato a cercare una forma, per quanto inappropriata, di reazione.
È fondamentale, tuttavia, sottolineare che l’azione posta in essere non assolve in alcun modo dalla responsabilità penale e non può essere interpretata come una giustificazione per la violenza.
Il mio intento era quello di denunciare una condizione di disagio e di insofferenza nei confronti di un sistema che, a mio avviso, ha fallito nel garantire dignità e opportunità a chi vi lavora.
Spero che la mia testimonianza possa contribuire a una riflessione più ampia sulle dinamiche lavorative, sulle conseguenze del licenziamento e sulla necessità di offrire supporto a chi si trova in situazioni di fragilità e di emarginazione.
Il mio desiderio più grande è che si possa evitare che altri individui, spinti dalla disperazione, intraprendano strade simili alla mia.

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