L’immagine evoca un’archetipo della ribellione: un varco improvviso, una fune precaria, la sfida alla legge.
L’episodio verificatosi a Poggioreale, la storica casa circondariale di Napoli, incarna questa narrazione primordiale, seppur con un epilogo di rapido ritorno in custodia.
Due detenuti, Mahrez Souki, cittadino algerino di 32 anni, e Kazem Mohmed Elokla, siriano di 23, hanno tentato un’audace evasione, sfruttando un’imperfezione strutturale – un buco nel muro – e improvvisando un sistema di discesa rudimentale.
L’evento, però, solleva interrogativi ben più complessi della semplice narrazione di una fuga sventata.
Esso rappresenta una fotografia impietosa delle fragilità che affliggono il sistema penitenziario italiano.
L’oscurità, complice silenziosa, non è solo un elemento atmosferico, ma un sintomo di una sorveglianza carente, resa ancora più critica da una cronica carenza di personale, come denunciano i sindacati della Polizia Penitenziaria.
La mancanza di risorse umane non limita la capacità di effettuare controlli di routine, ma incide profondamente sulla sicurezza complessiva dell’istituto, creando un ambiente vulnerabile e potenzialmente pericoloso.
L’evasione, inoltre, non è un gesto isolato.
Si inserisce in un contesto più ampio di crescente malcontento all’interno delle carceri italiane, spesso caratterizzate da sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie precarie e una gestione percepita come inefficiente.
I due detenuti, entrambi accusati di rapina, hanno trovato in questa azione disperata un modo per manifestare la propria frustrazione e, forse, riaffermare un barlume di libertà, seppur effimero.
La rapidità con cui sono stati rintracciati, pur evidenziando l’efficacia delle forze dell’ordine, non deve offuscare la riflessione più profonda che questa vicenda suscita.
Non si tratta solo di ripristinare la sicurezza del carcere, ma di affrontare le cause profonde che spingono i detenuti a rischiare tutto per evadere.
Un sistema penitenziario efficace non è solo capace di impedire fughe, ma di reinserire i detenuti nella società, offrendo loro opportunità di riabilitazione e di redenzione.
La fuga da Poggioreale è un campanello d’allarme che invita a un ripensamento radicale del modello penitenziario italiano, un modello che fatica a conciliare sicurezza, umanità e giustizia.