La notte di Halloween, un evento che dovrebbe evocare divertimento e festeggiamenti, si è macchiata di un’ombra inquietante a Torino.
 Una madre, tramite un toccante post condiviso su un gruppo social di Moncalieri, ha denunciato una vicenda di violenza e deprivazione della libertà nei confronti del suo quindicenne figlio, affetto da disabilità.
 Il racconto, carico di angoscia e sgomento, dipinge un quadro di abusi fisici e psicologici che lascia trasparire una profonda disumanità.
Secondo la ricostruzione fornita dalla donna, il ragazzo sarebbe stato inizialmente adescato da un trio di coetanei, apparentemente intenzionati a instaurare un’amicizia.
 Questa finzione, tuttavia, ha celato un piano ben più sinistro: un’elaborata sequenza di coercizione e umiliazione.
La dinamica, come descritta dalla madre, si è sviluppata in un ambiente non meglio specificato, presumibilmente una stanza isolata, dove il ragazzo è stato tenuto prigioniero per un periodo prolungato.
 Le violenze fisiche, a partire dalle minacce con un cacciavite, miravano a piegare la sua volontà e a instillare terrore.
 Un ulteriore atto di degradazione, una violazione della sua identità, è stato il rasoio, utilizzato per privarlo dei capelli e delle sopracciglia, cancellando simbolicamente la sua immagine.
L’escalation di violenza ha raggiunto il suo apice con la costrizione a immergersi nel fiume Po.
 Un atto di profonda crudeltà, destinato a infierire sulla sua vulnerabilità e a generare un trauma psicologico indelebile.
Infine, il ragazzo è stato abbandonato, disorientato e vulnerabile, di fronte alla stazione di Porta Nuova, a Torino, un luogo emblematico della città, testimone silenzioso della sua sofferenza.
La denuncia, resa pubblica attraverso i canali social, ha immediatamente suscitato un’ondata di indignazione e preoccupazione nella comunità.
 I Carabinieri hanno prontamente avviato un’indagine per accertare la veridicità dei fatti e identificare i responsabili, due ragazzi e una ragazza di età compresa tra i 15 e i 16 anni.
La vicenda solleva interrogativi profondi sulla fragilità dei giovani, sull’importanza della sorveglianza e dell’educazione alla legalità, e sul pericolo di relazioni interpersonali manipolative.
La complessità del fenomeno del bullismo, e in questo caso di una forma di abuso estremo, richiede un’attenzione costante da parte delle istituzioni, delle famiglie e della società nel suo complesso.
L’episodio, oltre a richiedere la massima severità punitiva nei confronti dei colpevoli, sottolinea la necessità di rafforzare i servizi di supporto psicologico per le vittime di violenza e per i giovani a rischio, al fine di prevenire il ripetersi di simili drammi e di promuovere una cultura del rispetto e dell’inclusione.


                                    



