Il processo del 15 maggio, che si terrà davanti alla giudice Paola Ghezzi del Tribunale per i minorenni di Milano, sarà un momento cruciale per comprendere la mente e l’animo di Riccardo Chiarioni. L’uomo di 17 anni, ora 18, è accusato di avere ucciso con 108 coltellate il padre, la madre e il fratello di 12 anni nella loro villetta a Paderno Dugnano, nel Milanese, nella notte tra l’31 agosto e il primo settembre scorso. Un perito in incidente probatorio, Franco Martelli, specialista in psichiatria e criminologia clinica, ha stabilito che il ragazzo era parzialmente incapace di intendere e volere quando commise il delitto. Tale diagnosi è stata confermata anche dalla gip Laura Margherita Pietrasanta e dai consulenti dei pm Sabrina Ditaranto ed Elisa Salatino nonché della difesa, con il legale Amedeo Rizza, che evidenziò la necessità di cure specifiche. Il ragazzo sembrava vivere tra realtà e fantasia; cercava rifugiarsi in un mondo fantastico chiamato “della immortalità”, nella sua mente era persuaso di doversi liberare di tutti gli affetti, per raggiungerlo. Lo psichiatra Marco Mollica ha espresso l’opinione che il ragazzo fosse completamente incapace di intendere e volere al momento dei fatti. I consulenti della Procura per i minorenni hanno rilevato invece che non sia emerso alcun vizio di mente tale da influire sulla capacità del giovane al momento dei reati. Il ragazzo potrebbe subire una pena attorno ai 20 anni o superiore, ma la possibilità di sconto di pena per il rito abbreviato e eventuali attenuanti, soprattutto il vizio parziale di mente accertato dal perito, potrebbero influire sull’esito del processo.