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Inchiesta Poggi: La Traccia 33 al centro della battaglia legale

La fredda, impersonale meticolosità delle indagini scientifiche, ora fulcro dell’inchiesta per l’omicidio di Chiara Poggi, ha acuito le tensioni procedurali, manifestando l’insoddisfazione del difensore delle parti civili, l’avv.
Gian Luigi Tizzoni.
La richiesta di una perizia tecnica d’ufficio, un cosiddetto “incidente probatorio”, presentata dal legale, è stata nuovamente rigettata dalla Procura di Pavia.

L’oggetto della controversia è la Traccia 33, un’impronta rilevata su una parete delle villette di Garlasco, elemento cruciale nell’ipotesi accusatoria che la collochi a carico di Andrea Sempio, figura legata al fratello della giovane vittima e attualmente indagato nel procedimento.
Questo diniego, lungi dall’essere un mero ostacolo formale, rivela un contrasto più profondo tra le strategie difensive e le scelte investigative.

L’incidente probatorio, invero, rappresenta un’istanza fondamentale nel processo civile, un’occasione per sottoporre a verifica, sotto il controllo del giudice, la validità e l’affidabilità di prove scientifiche complesse e potenzialmente decisive.

Permette di cristallizzare lo stato delle prove in una fase preliminare, limitando i rischi di alterazioni o interpretazioni divergenti che potrebbero emergere in un successivo giudizio.
La Procura, al contrario, sembra intenzionata a preservare la riservatezza delle indagini, evitando una “pubblicizzazione” anticipata di elementi che potrebbero compromettere la costruzione dell’accusa.
Questa posizione, sebbene comprensibile nella sua volontà di tutelare l’imparzialità del processo, rischia di alimentare i sospetti e di pregiudicare la possibilità per il difensore di esercitare pienamente le prerogative di contraddittorio.
La Traccia 33, in particolare, assume un significato simbolico in questo contesto.
Non si tratta semplicemente di un’impronta digitale; essa incarna l’intera complessità di una vicenda segnata da ambiguità, omissioni e ricostruzioni discordanti.

La sua interpretazione, affidata a periti e tecnici, può essere influenzata da presupposti ideologici, pregiudizi inconsci o, semplicemente, da una comprensione parziale dei fatti.

La vicenda Poggi, come spesso accade in processi che coinvolgono dinamiche familiari intricate e accuse di natura delicata, evidenzia la fragilità delle certezze e la necessità di un approccio rigoroso e imparziale.
La ricerca della verità, in questi casi, non può prescindere da un confronto aperto e trasparente tra le diverse prospettive, anche quando ciò comporta la revisione di convinzioni preconcette.
Il diniego all’incidente probatorio, dunque, solleva interrogativi sulla possibilità di garantire un processo equo e imparziale, in cui tutte le parti abbiano la possibilità di presentare le proprie ragioni e di contestare le prove a loro carico.

La vicenda si configura come un complesso gioco di equilibri tra la tutela delle indagini e il diritto alla difesa, un dilemma che continua a tormentare la giustizia italiana.

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