La tragedia ha squarciato l’illusione di un sistema che non sembra voler prendere sul serio la formazione dei giovani immigrati a sostegno della mano d’opera nazionale.Non si tratta soltanto del caso di un ragazzo di 17 anni, né dell’accaduto in una piccola azienda meridionale. La domanda che sorge spontanea è quella delle centinaia, forse migliaia, di minori stranieri presenti illegalmente nei nostri stabilimenti produttivi e nella nostra economia.I tempi della globalizzazione hanno introdotto le nuove “maniere” per rispettare i diritti del lavoro, che non è più un dovere ma un onere costante: l’alternativa alla norma è sempre la formazione informale. Non solo per i minori.Quelle aziende che, in nome dell’economia, impiegano soggetti in “svantaggio” sono anche le stesse che sembrano ignorare il ruolo preventivo della formazione e rispettivamente l’adeguamento delle leggi sulla sicurezza. E i responsabili politici? Non hanno un compito di controllo?Aveva ricevuto la formazione necessaria il ragazzo appena ucciso in fabbrica? Sapeva dei rischi e delle cautele che doveva adottare in caso d’incidente? Le risposte non sono ancora chiare.Le organizzazioni sindacali hanno già espresso perplessità sulla mancanza di informazione dei lavoratori circa le misure di sicurezza, ma il problema è più profondo. In Italia, da anni, assistiamo a una tendenza che sta portando allo sfruttamento del lavoro nero in Italia, specialmente attraverso l’impiego in aziende “fittizzate” o comunque strumentali alla truffa.L’Italia è ancora un paese dove il diritto al lavoro e quello all’integrazione, stanno subendo la pressione delle aziende che sfruttano i giovani immigrati a prezzi bassissimi.Quando le società civili e gli addetti ai lavori hanno cercato di avviare iniziative per l’adozione da parte degli imprenditori dell’apprendistato, sono state accolte con freddezza se non aperte ostilità dagli stessi politici del Paese. I giovani immigrati e i loro genitori sperano sempre nel futuro: un lavoro regolare, la formazione per il futuro e una vita dignitosa in un paese ospitale.Speriamo che si possa riprendere a discutere su norme utili al riconoscimento del diritto di integrarsi e non solo ad un’offerta lavorativa illegale.
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