L’inchiesta che coinvolge Leonardo Apache La Russa, figlio del Presidente del Senato, e il DJ Tommaso Gilardoni si è intensificata con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dai sostituti procuratori Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro. La vicenda, nata nel 2023 a seguito di una denuncia per violenza sessuale da parte di una giovane donna di 22 anni, si articola su due nuclei distinti: la presunta violenza sessuale e la diffusione illecita di immagini intime, configurabile come *revenge porn*.L’aspetto legato alla violenza sessuale, inizialmente oggetto di indagine, è stato oggetto di un’archiviazione richiesta dai pubblici ministeri lo scorso aprile. Tale decisione si è scontrata con un’opposizione da parte della denunciante, che ha sollecitato il Giudice per le Indagini Preliminari a riesaminare la questione. L’udienza fissata per il 25 settembre rappresenta un momento cruciale, poiché il gip dovrà valutare la fondatezza dell’opposizione e decidere se confermare l’archiviazione o disporre ulteriori accertamenti.L’aspetto più grave e attualmente al centro dell’attenzione giudiziaria è la diffusione non consensuale di materiale intimo, definita *revenge porn*. La gravità di tale reato, introdotto nel nostro ordinamento giuridico con una specifica normativa volta a tutelare la privacy e la dignità della persona, risiede nella violazione profonda del diritto all’immagine e alla riservatezza. La pubblicazione di immagini o video sessualmente espliciti, soprattutto se realizzata come atto di vendetta o per danneggiare la vittima, costituisce una forma di aggressione psicologica e sociale di notevole impatto.La richiesta di rinvio a giudizio formulata dall’accusa segnala la sussistenza di elementi sufficienti per sostenere l’accusa in sede processuale. Il processo, qualora confermato, dovrà accertare la responsabilità penale di La Russa e Gilardoni, tenendo conto delle prove raccolte e ascoltando le testimonianze a loro carico.La vicenda solleva, inoltre, questioni complesse in relazione alla tutela della privacy nell’era digitale e alla necessità di un’educazione alla responsabilità e al rispetto delle immagini altrui, soprattutto tra i giovani. L’episodio sottolinea, peraltro, l’importanza di un approccio giudiziario rigoroso nei confronti di chi, abusando delle tecnologie, viola la dignità e la riservatezza delle persone, configurando una forma di cyberbullismo e di violenza online. Il processo, pertanto, non rappresenta solo una vicenda giudiziaria, ma anche un’occasione per riflettere su temi cruciali per la convivenza civile e la tutela dei diritti fondamentali.