Nel tragico evento che ha colpito la giovane Anna Chiti, la sua condizione di lavoro era tutt’altro che convenzionale. Lavorava come “stagista” presso un catamarano in navigazione nel mar Adriatico, senza alcun contratto di lavoro formale. Questa scelta non è stata casuale: secondo quanto riferito da fonti più informate, Anna stessa era stata orientata a prendere questa strada da un’amica che aveva già maturato esperienze simili. La sua ingaggio sembrava essere una sorta di “prova” per valutare le sue capacità e il suo impegno sul catamarano, il quale faceva parte di una flotta gestita da una società. L’interesse di questo caso risiede anche nell’aspetto legale che ne deriva: la Procura di Venezia si appresta a ricevere un dettagliato rapporto sull’indagine svoltasi finora, il quale fornirà gli elementi necessari per valutare le responsabilità coinvolte. Queste indagini mirano a chiarire le modalità in cui Anna Chiti è stata assunta e a determinare se le normative relative al lavoro siano state rispettate. Il tutto si inserisce all’interno del contesto più ampio delle condizioni di lavoro dei minori in mare, tema di crescente attualità.