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Martina Oppelli: un addio fucsia, musica e disobbedienza civile

Martina Oppelli, una voce che ha lottato contro la sclerosi multipla per vent’anni, ha lasciato un’eredità singolare, un desiderio profondamente personale che trascende il dolore e l’inevitabilità della perdita.
La sua scomparsa, avvenuta ieri in Svizzera attraverso l’assistenza al suicidio, è accompagnata da una richiesta specifica, un atto d’amore e di testamento che riflette la sua visione del mondo e il suo rapporto con la vita.

Matteo D’Angelo, compagno e sostenitore di Martina, ha condiviso con l’associazione Luca Coscioni i dettagli di questa volontà: un ricordo celebrativo in cui l’abbigliamento fucsia, colore vibrante e simbolo di energia, sarà l’uniforme di chi vorrà partecipare.
Un’assenza di fiori, gesto di rifiuto della tradizione funebre, sostituita da una colonna sonora che evochi la filosofia e l’essenza della sua esistenza: le musiche di Max Gazzè, artista capace di cogliere le sfumature dell’animo umano e di trasformare il quotidiano in poesia.
La presenza dello stesso Gazzè, qualora possibile, sarebbe il coronamento di un desiderio che unisce arte, amicizia e la profonda connessione tra la vita e la sua rappresentazione musicale.

Questa scelta, apparentemente insolita, rivela una personalità complessa e coraggiosa, una donna che ha affrontato la malattia con dignità e che ha voluto, fino all’ultimo, esercitare il controllo sulla propria fine.
Il “fucsia” non è solo un colore, ma un’affermazione di vitalità, una risposta al grigio della sofferenza.

L’assenza di fiori, un rifiuto della retorica del dolore, un’affermazione di libertà.
La musica di Gazzè, un compagno di viaggio nella comprensione del mistero dell’esistenza.
L’accompagnamento di Martina in Svizzera è stato curato da Matteo D’Angelo e Claudio Stellari, membri attivi di Soccorso Civile, un’associazione che promuove la disobbedienza civile sui temi del fine vita, con Marco Cappato come rappresentante legale.
Soccorso Civile si batte per il diritto all’autodeterminazione e all’assistenza al suicidio, una questione eticamente complessa e socialmente controversa che apre un dibattito cruciale sulla dignità umana e sulla libertà individuale.
La storia di Martina Oppelli e la sua eredità singolare sollevano interrogativi profondi sulla compassione, sulla legislazione sul fine vita, sul diritto all’autodeterminazione e sulla responsabilità sociale di fronte alla sofferenza.
Il suo desiderio, più che un semplice atto di testamento, si configura come un monito a riflettere sul significato della vita, sulla libertà di scelta e sulla necessità di accompagnare chi soffre con rispetto e comprensione.

La sua volontà è un invito a celebrare la vita in tutte le sue forme, anche in quelle più estreme, e a onorare la sua memoria attraverso la gioia, la musica e il fucsia.

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