Il Mediterraneo, culla di civiltà e fulcro di ecosistemi fragili, si confronta con una sfida esistenziale: l’innalzamento del livello del mare.
Il Rapporto della Società Geografica Italiana, “Paesaggi Sommersi”, traccia un quadro allarmante, non solo per l’Italia, ma per l’intero bacino, svelando le implicazioni socio-economiche e ambientali di un fenomeno accelerato dal cambiamento climatico.
L’innalzamento previsto non è una minaccia futura, ma una realtà in divenire.
Si stima che entro il 2050, l’Italia potrebbe perdere un quinto del suo patrimonio costiero, una perdita che si aggrava fino al 40% entro la fine del secolo.
Questo non si traduce semplicemente nella scomparsa di spiagge, ma in una ridefinizione radicale del territorio, con conseguenze dirette su un milione di persone potenzialmente costrette a migrare, a rifugiarsi in aree più elevate.
L’Alto Adriatico è individuato come l’area più vulnerabile, ma anche le coste del Gargano, ampie porzioni della Toscana e della Campania, e le aree di Cagliari e Oristano si profilano come zone ad alto rischio.
Questa distribuzione non è casuale: riflette la morfologia costiera, l’altezza del suolo, la densità abitativa e la presenza di infrastrutture critiche.
L’impatto non si limita all’erosione delle coste e alla perdita di habitat naturali.
Si estende a settori chiave dell’economia nazionale.
Più della metà delle infrastrutture portuali, vitali per il commercio e il trasporto, saranno compromesse.
Superiore al 10% delle superfici agricole, spesso di pregio e dedite a colture specializzate, rischia di diventare invivibile, con ripercussioni sull’approvvigionamento alimentare e sulla stabilità economica delle comunità rurali.
Particolarmente grave è la minaccia alle zone umide, ecosistemi di straordinaria biodiversità e funzione di regolazione idrologica.
Paludi, lagune e le cosiddette “zone anfibie” – come il Delta del Po e la Laguna di Venezia, tesori di inestimabile valore culturale e ambientale – sono destinate a scomparire o a subire trasformazioni radicali, con un impatto devastante sulla flora, la fauna e i servizi ecosistemici che forniscono.
La Laguna di Venezia, già afflitta da un complesso sistema di problematiche, si trova di fronte a una sfida ancora più ardua, con la prospettiva di un progressivo inabissamento.
La gestione di questo scenario richiede un approccio integrato e proattivo, che vada oltre le semplici misure di mitigazione e si concentri sull’adattamento.
È necessario investire in soluzioni basate sulla natura, come la riqualificazione delle zone umide, la creazione di barriere naturali e la protezione delle coste attraverso la rinaturalizzazione.
Al contempo, è fondamentale implementare politiche di pianificazione territoriale che limitino l’urbanizzazione nelle aree a rischio e promuovano la delocalizzazione di infrastrutture critiche.
La resilienza delle comunità costiere dipenderà dalla capacità di anticipare i cambiamenti, di adattarsi alle nuove condizioni e di costruire un futuro sostenibile in un Mediterraneo in trasformazione.
Il rapporto non è solo un allarme, ma un invito all’azione urgente e concertata.







