Per oltre tre decenni, l’ombra di un omicidio irrisolto ha gravato su Modena e sulla sua provincia, un macigno di dolore e incertezza che opprime le famiglie delle vittime. Otto donne, strappate alla vita in un arco temporale di dieci anni, tra il 1984 e il 1994, accomunate da una violenza brutale e da un silenzio inquietante. L’ultimo delitto, quello del 3 gennaio 1995, sebbene cronologicamente successivo alla chiusura formale del caso, ha contribuito a mantenere viva la paura e la speranza di una verità che sembrava perduta.L’ipotesi di un serial killer, etichettato come “mostro di Modena”, si è sedimentata nel tempo, alimentata da similitudini inquietanti nei modi del mostrare, nella ferocia degli atti e nell’assenza di un movente apparente. La mancanza di un profilo criminale definito, l’impossibilità di collegare i delitti tramite elementi univoci e la carenza di tecniche investigative all’avanguardia, all’epoca disponibili, hanno reso il caso un rompicapo per le forze dell’ordine.Ora, a distanza di decenni, una nuova luce emerge dalla famiglia di Anna Maria Palermo, una delle vittime, la cui vita venne brutalmente interrotta a soli vent’anni. Ritrovata senza vita in un canale a Corlo di Formigine, con una devastante ferita inferta da una dozzina di coltellate, Anna Maria non ha mai conosciuto la giustizia. L’avvocato Barbara Iannuccelli, sensibile alla richiesta dei fratelli Marcello e Leonardo, si è immersa negli archivi, rileggendo i fascicoli processuali, analizzando le incongruenze e le omissioni che hanno caratterizzato le indagini iniziali.L’avvocato Iannuccelli, consapevole della complessità del caso e delle difficoltà intrinseche alla riapertura di un’indagine così datata, non esclude l’ipotesi, precedentemente marginalizzata, che l’assassinio di Anna Maria, e forse anche di altre vittime, possa essere stato opera di un gruppo di persone, piuttosto che di un singolo individuo. Questa possibilità, se confermata, aprirebbe scenari investigativi completamente nuovi, richiedendo un’analisi approfondita dei legami tra le vittime, dei contesti sociali in cui vivevano e dei possibili complici o mandanti.La richiesta di riapertura delle indagini, quindi, non è solo una ricerca di giustizia per Anna Maria Palermo, ma anche un’occasione per rivedere l’intera vicenda, alla luce delle nuove conoscenze in campo forense e psicocriminologico, e per finalmente dissipare l’ombra di un mistero che ha segnato profondamente la comunità modenese. L’auspicio è che, questa volta, la verità possa emergere, restituendo dignità alle vittime e lenendo il dolore delle loro famiglie. Il caso del “mostro di Modena” rimane una ferita aperta, un monito sulla fragilità umana e sulla necessità di perseguire la giustizia, anche a distanza di anni.