Nel 2021, la riapertura del caso di Nada Cella, la giovane segretaria assassinata a Chiavari nel 1996, ha permesso l’accesso a reperti precedentemente sequestrati e rimasti inalterati per oltre venticinque anni. Daniela Scimmi, ex direttrice tecnico-biologica della Polizia Scientifica di Roma, ha fornito dettagli cruciali durante il processo a carico di Anna Lucia Cecere e del commercialista Marco Soracco, evidenziando incongruenze nella gestione delle prove.Tra gli oggetti in esame, un set da scrivania appartenente a Soracco, comprendente un fermacarte in onice, un portaombrelli e un portapenne, ha suscitato particolare attenzione. L’accusa, guidata dalla procuratrice Gabriella Dotto, ipotizza che Nada Cella sia stata aggredita immediatamente all’ingresso dell’ufficio con il fermacarte, ritrovato successivamente in un armadietto nella stanza della segretaria, privo di impronte. Soracco conservava il set da scrivania fino al 2021, quando la polizia lo recuperò per un’analisi approfondita. Tuttavia, al momento della nuova perizia, il set era incompleto: il fermacarte, il portapenne e il portaombrelli erano scomparsi.Scimmi ha spiegato che gli oggetti erano stati restituiti a Soracco nel 1997, su sua specifica richiesta. Nel 2021, la polizia ha potuto recuperare solo un portapenne quadrato e un posacenere, mentre le scatole contenenti gli altri reperti risultavano vuote, a indicare una possibile manomissione o perdita di prove fondamentali.L’analisi del DNA condotta nel 2021 ha rivelato tracce sulla camicetta di Nada e sulla sedia, non riconducibili esclusivamente alla vittima. Tuttavia, la scarsa qualità del materiale genetico ha impedito un confronto preciso, rendendo impossibile l’identificazione di un profilo genetico maschile (assenza del cromosoma Y). Scimmi ha sottolineato la possibilità di contaminazione dovuta all’intervento di soccorritori o di altre persone presenti sulla scena del crimine.Il medico legale Francesco Ventura, specializzando all’epoca e successivamente incaricato di riesaminare i documenti, ha confermato che la morte di Nada Cella è stata causata da una serie di colpi ripetuti e violenti alla testa, inferti con uno o più oggetti contundenti. Ventura ha precisato che la segretaria era stata ritrovata inerme a terra, evidenziando la brutalità dell’aggressione. L’intero quadro, delineato dalle testimonianze e dalle perizie, solleva interrogativi inquietanti sulla gestione delle indagini iniziali e sulla possibile perdita o sottrazione di elementi chiave per la ricostruzione della dinamica del delitto.