L’ombra di un’inchiesta complessa e controversa si è allungata sul sistema giudiziario milanese, culminando in un’agitazione sindacale a marzo 2024 e sollevando interrogativi profondi sulla correttezza delle procedure peritali.
Al centro della vicenda, l’imputazione di un’attività di presunta ‘ingerenza’ – una manipolazione, se confermata – volta a condizionare l’esito della perizia psichiatrica disposta in primo grado a favore di Alessia Pifferi.
Le accuse, formulate dalla Procura, si articolano attorno a due nuclei principali: la presunta falsificazione di un test psicodiagnostico, utilizzato come prova a sostegno della condizione psichica dell’imputata, e il successivo tentativo di influenzare il giudizio del perito, indirizzandolo verso una diagnosi di vizio parziale di mente.
Questo tipo di accusa, che coinvolge un’alterazione deliberata del processo di valutazione psichiatrica, tocca questioni cruciali relative all’integrità del sistema giudiziario e alla protezione dei diritti dell’imputato.
La gravità delle accuse non risiede unicamente nella presunta manipolazione di un singolo atto processuale.
Essa riflette una potenziale compromissione del principio fondamentale del giusto processo, che presuppone una valutazione imparziale e indipendente della condizione mentale di una persona coinvolta in un procedimento penale.
La perizia psichiatrica, in particolare, ricopre un ruolo sensibile: può determinare l’applicabilità di misure alternative alla detenzione, l’attenuazione della responsabilità penale o addirittura l’inidoneità dell’imputato a comparire in tribunale.
L’inchiesta ha quindi riacceso il dibattito sull’etica professionale dei periti, sulla necessità di protocolli più rigorosi per la conduzione delle valutazioni psichiatriche e sulla vulnerabilità del sistema forense a tentativi di pressione o influenza.
L’agitazione degli avvocati milanesi, che ha interrotto temporaneamente l’attività giudiziaria, testimonia la preoccupazione diffusa all’interno della categoria legale per le possibili implicazioni dell’inchiesta e per il rischio che l’immagine dell’ordine giudiziario venga compromessa.
Al di là della specifica vicenda processuale, la vicenda solleva interrogativi più ampi sulla necessità di garantire la trasparenza e l’imparzialità delle perizie psichiatriche, di rafforzare i controlli sulla loro validità e di tutelare la professionalità di chi le conduce, per assicurare che il giudizio finale sia basato su fatti concreti e una valutazione scientificamente rigorosa e priva di manipolazioni.
La ricerca della verità, in questo caso, si rivela un percorso impervio e complesso, che richiede un’indagine approfondita e un’attenta ponderazione di tutte le evidenze.





