Ponte Messina: La Corte dei Conti smaschera criticità gestionali e giuridiche

La recente decisione della Corte dei Conti che ha invalidato il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina non si limita a una semplice valutazione negativa, ma emerge come un quadro complesso di criticità gestionali, giuridiche e procedurali che ne minano la legittimità.

Al di là del mero “bocciatura”, la sentenza rivela un’analisi approfondita che individua lacune significative in diversi ambiti, evidenziando come la realizzazione dell’opera si sia distaccata dai presupposti iniziali e dalle normative vigenti.
Il cuore della contestazione risiede nella presunta violazione della direttiva europea 92/43/CE, pilastro fondamentale per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali.
La Corte dei Conti ha rilevato una carenza strutturale nell’istruttoria e nella motivazione della cosiddetta delibera Iropi, documento chiave che avrebbe dovuto valutare l’impatto ambientale del progetto.
Questo difetto di valutazione non è un dettaglio secondario; esso implica una potenziale compromissione di ecosistemi fragili e di specie protette, con ripercussioni a lungo termine sulla biodiversità della regione.
La mancata considerazione di tali aspetti, in un’opera di tale portata, solleva interrogativi sulla responsabilità e sulla dovuta attenzione verso l’ambiente.

Parallelamente, la Corte ha sottolineato la violazione dell’articolo 72 della direttiva 2014/24/UE, relativa ai contratti pubblici.
Questa contestazione riguarda le profonde e sostanziali modifiche, sia oggettive che soggettive, apportate al rapporto contrattuale originario.

Queste modifiche, non debitamente documentate e giustificate, hanno di fatto alterato i termini dell’accordo iniziale, introducendo elementi di incertezza e potenzialmente compromettendo la trasparenza del processo decisionale.
La sostanziale revisione del contratto, senza il rispetto delle procedure previste dalla legge, suggerisce una gestione poco rigorosa e una potenziale mancanza di controllo.

Infine, la decisione della Corte dei Conti ha messo in luce una grave omissione: la mancata acquisizione del parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti in relazione al piano tariffario.
Questo parere, obbligatorio per legge, avrebbe dovuto valutare la sostenibilità economica e finanziaria del progetto, verificando la coerenza tra i costi, i ricavi previsti e le tariffe applicate.
La sua assenza mina la validità del piano economico e finanziario, sollevando dubbi sulla fattibilità reale dell’opera.

In sintesi, la decisione della Corte dei Conti non si riduce a un semplice rifiuto del Ponte sullo Stretto, ma a una denuncia di pratiche gestionali carenti, di violazioni normative e di un approccio poco rigoroso nella realizzazione di un’opera di tale complessità e rilevanza strategica.
La sentenza apre a un dibattito più ampio sulla necessità di una maggiore trasparenza, di un controllo più rigoroso e di un rispetto scrupoloso delle normative ambientali e contrattuali nella realizzazione di progetti infrastrutturali di interesse nazionale.

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