La vicenda che ha portato alla tragica scomparsa di Riccardo, il trentenne deceduto a Pescara in seguito a un arresto cardio-circolatorio dopo un intervento delle forze dell’ordine, solleva interrogativi profondi e urgenti sulla gestione delle situazioni di vulnerabilità e sui limiti dell’uso della forza in contesti di salute mentale. Le parole del padre, Andrea Zappone, riportate in un’intervista a “Il Centro”, esprimono un dolore lacerante e una richiesta di verità che vanno ben oltre la semplice ricerca di responsabilità.L’episodio, tragicamente, riapre un dibattito cruciale: è davvero proporzionato e giustificato l’utilizzo di misure coercitive drastiche, come l’impiego di un’arma a impulsi elettrici (taser), quando le autorità conoscono a fondo la persona coinvolta, la sua storia clinica e le sue fragilità? La familiarità delle forze dell’ordine con la condizione di Riccardo – un dettaglio cruciale che sembra aver generato confusione e, potenzialmente, un errore di valutazione – suggerisce che alternative meno invasive e più appropriate avrebbero potuto essere attuate.La prassi del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), già applicata in precedenti situazioni di crisi vissute dal giovane, si presenta come un percorso potenzialmente più adeguato e rispettoso della dignità del soggetto vulnerabile. L’applicazione del TSO implica l’intervento di professionisti sanitari qualificati, in grado di valutare lo stato di salute mentale e di fornire un supporto terapeutico mirato, evitando l’escalation verso misure di contenimento fisiche.L’uso del taser, in particolare, richiede una riflessione approfondita sulla sua applicabilità a persone affette da patologie preesistenti, che potrebbero renderle più suscettibili a complicanze cardiovascolari acute. L’affermazione del padre, che nega problemi cardiologici pregressi nel figlio, complica ulteriormente il quadro e solleva dubbi sulla corretta valutazione dei rischi associati all’intervento.Questo tragico evento non è un caso isolato, ma piuttosto un campanello d’allarme che evidenzia la necessità di un cambio di paradigma nell’approccio alla salute mentale nelle forze dell’ordine. È indispensabile investire in formazione specifica per gli operatori di polizia, promuovendo una maggiore consapevolezza delle dinamiche della sofferenza psichica e incoraggiando l’utilizzo di strategie di de-escalation e di intervento basate sulla comunicazione e sulla comprensione.La richiesta di verità di Andrea Zappone non è solo un atto di pietà paterna, ma anche un imperativo di giustizia. È necessario un’indagine accurata e trasparente per accertare le dinamiche dell’evento, valutare le responsabilità e, soprattutto, per implementare misure preventive che evitino che simili tragedie si ripetano in futuro. La memoria di Riccardo non possa essere offuscata dall’inerzia, ma diventi motore di un cambiamento culturale e operativo volto a tutelare la dignità e la salute di chi soffre di disturbi mentali. La comunità intera ha il dovere di ascoltare e agire.