L’aula di giustizia a Perugia, gremita di volti segnati dal dolore, ha ospitato venerdì l’inizio del processo d’appello bis riguardante la tragica frana che distrusse l’Hotel Rigopiano, incastrato nel cuore dell’Abruzzo.
Il 18 gennaio 2017, una colossale massa di neve e detriti, staccatasi dal monte, si riversò sull’albergo, cancellando vite e sogni in un istante.
Il bilancio fu devastante: ventinove persone perse la vita.
La presenza dei familiari delle vittime ha reso l’atmosfera particolarmente commovente.
Un coro silenzioso di ricordi si è levato dall’aula, reso tangibile dall’uniforme scelta: magliette che ritraevano i volti dei loro cari, un toccante atto di presenza e memoria, un rifiuto dell’oblio.
Il processo d’appello bis rappresenta un capitolo cruciale in una vicenda giudiziaria complessa e dolorosa.
La prima sentenza, con i suoi verdetti di assoluzione e lieve condanna, aveva generato forti contestazioni e aperto un dibattito acceso sulla responsabilità e sulle dinamiche che portarono alla tragedia.
Il secondo grado di giudizio mira ora a fare luce su negligenze, omissioni e presunte violazioni delle normative in materia di sicurezza e monitoraggio del rischio valanghe.
La frana di Rigopiano non fu un evento naturale incontrollabile.
Dietro la sua furia si celano scelte gestionali discutibili, l’inadeguatezza di sistemi di allarme e di controllo, e un diffuso senso di compiacimento nei confronti dei rischi ambientali.
I periti, durante le indagini preliminari e successive perizie, hanno evidenziato come la stabilità del pendio fosse nota, ma come i segnali d’allarme fossero stati ignorati o sottovalutati.
Il processo non si limita a ricostruire la dinamica della frana, ma si propone di analizzare le responsabilità, individuali e collettive, che hanno contribuito a creare le condizioni per una tragedia così ampia.
Verranno esaminati i rapporti tra la società proprietaria dell’hotel, gli enti locali, le autorità di controllo e le agenzie di previsione meteorologica.
La vicenda di Rigopiano è un monito severo per l’Italia, un paese fragile e vulnerabile, costretto a convivere con rischi naturali spesso sottaciuti o minimizzati.
Il processo d’appello bis è dunque un’occasione per fare chiarezza, per ristabilire la verità, per cercare, seppur a distanza di anni, un po’ di giustizia per le vittime e per i loro familiari.
È un impegno verso il futuro, per evitare che simili errori si ripetano, e per garantire la sicurezza delle comunità che vivono in aree a rischio.
La memoria dei ventinove scomparsi, scolpita nei volti dei loro cari, deve essere il faro che guida questo percorso di giustizia e prevenzione.