Roma scossa da una vicenda che intreccia drammaticamente la professione medica, l’esercizio abusivo della professione e la tragica perdita di una vita.
Carlo Bravi, chirurgo precedentemente sospeso dall’albo professionale, è ora agli arresti domiciliari, colto in flagranza di attività medica clandestina all’interno di un’abitazione privata.
L’arresto, eseguito dai carabinieri del Nucleo Anti-sofferenze (NAS) di Roma, aggiunge un ulteriore, grave capitolo a un’indagine già in corso per la morte di Simonetta Kalfus, avvenuta a marzo dello scorso anno.
La Kalfus, una donna di 62 anni, era stata sottoposta a un intervento di liposuzione eseguito dallo stesso Bravi.
Le conseguenze dell’intervento si rivelarono immediatamente critiche, costringendo la paziente al ricovero urgente nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Grassi di Ostia, dove, nonostante i tentativi di rianimazione, spirò.
La morte ha innescato un’indagine approfondita, che ha portato a sospettare la responsabilità professionale di Bravi e, successivamente, a ipotizzare un’attività medica esercitata illegalmente.
Il ritrovamento di Bravi intento a eseguire un intervento in un contesto non autorizzato, al di fuori di una struttura sanitaria adeguata e senza le necessarie autorizzazioni, solleva interrogativi inquietanti sulla sicurezza dell’assistenza sanitaria e sulla vulnerabilità dei pazienti di fronte a professionisti che operano al di fuori dei controlli istituzionali.
Questa vicenda evidenzia la crescente preoccupazione per il fenomeno del “medical tourism” illegale, ovvero la pratica di offrire interventi chirurgici a prezzi più bassi, spesso in condizioni di scarsa sicurezza e senza il rispetto delle normative vigenti.
L’arresto domiciliari di Bravi non preclude la sua posizione di indagato.
L’inchiesta dovrà ora accertare con precisione le dinamiche dell’intervento che ha causato il decesso di Simonetta Kalfus, valutando eventuali negligenze, imperizie o violazioni del protocollo medico.
Parallelamente, si dovrà ricostruire la rete di contatti e le modalità con cui Bravi ha continuato ad esercitare la professione nonostante la sospensione, indagando su possibili complici e sull’organizzazione che ha permesso l’esecuzione di interventi chirurgici in abitazioni private.
La vicenda solleva inoltre un dibattito etico e professionale cruciale, che riguarda la responsabilità del singolo medico, il ruolo delle istituzioni sanitarie, la necessità di un maggiore controllo sull’esercizio delle professioni sanitarie e la tutela della salute pubblica.
La morte di Simonetta Kalfus rappresenta una perdita irreparabile e un monito severo per tutti gli attori coinvolti nel sistema sanitario, a partire dai professionisti che hanno il dovere di operare nel rispetto della legge e dell’etica professionale.