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Rosa Vespa: Giudizio Abbreviato e Perizia Psichiatrica nel Caso della Neonata Strappata

Il caso di Rosa Vespa, una donna di 51 anni al centro di un’inquietante vicenda di sottrazione di minore avvenuta nella clinica privata di Cosenza, si avvia verso una fase cruciale: il giudizio abbreviato, subordinato alla valutazione di una perizia psichiatrica.
La decisione, assunta dal giudice Letizia Benigno, riflette la complessità del quadro emergente e la necessità di approfondire le dinamiche psicologiche alla base del gesto.
L’udienza del 27 ottobre vedrà l’affidamento dell’incarico peritale, un passaggio determinante per delineare la responsabilità e le condizioni di salute mentale dell’imputata.

La famiglia della madre di Sofia, la neonata strappata al suo letto, si è costituita parte civile, testimoniando il profondo trauma subito e la necessità di ottenere giustizia.

L’accusa nei confronti di Rosa Vespa è di sottrazione di minore, aggravata dalla gravità del luogo in cui è stata perpetrata la violazione: un istituto sanitario, luogo simbolo di cura e protezione.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Teresa Gallucci, ha accolto la richiesta di perizia psichiatrica, sottolineando la presenza di valutazioni contrastanti negli atti d’indagine.

L’indagine, condotta dalla Squadra Mobile cosentina, ha svelato un elaborato stratagemma: Rosa Vespa aveva simulato una gravidanza per nove mesi, mantenendo segreto il suo stato e ingannando il marito, Moses Omogo, e i suoi familiari.

La robustezza della sua corporatura aveva contribuito a rendere più verosimile la messinscena, alimentando la convinzione di tutti di essere di fronte a una vera gravidanza.
L’uomo, inizialmente arrestato, è stato successivamente separato dal procedimento e la sua posizione risulta ora presumibilmente destinata all’archiviazione.

La sera del 21 gennaio, Rosa Vespa, accompagnata dal marito, si è presentata in clinica spacciandosi per un’infermiera, al fine di prelevare la piccola Sofia.
Nonostante la presenza di un sistema di videosorveglianza, il piano è stato inizialmente portato a termine, come dimostrano le riprese che immortalano la coppia mentre si allontana a bordo di un’autovettura intestata a Omogo.

La rapida azione degli agenti della Mobile ha permesso di individuare la coppia nella loro abitazione, dove si stava festeggiando l’arrivo di “Natan”, il nome attribuito alla neonata rapita, vestita con una tutina azzurra.
Dopo tre ore di angoscia per la madre e i familiari, Sofia è stata restituita tra le braccia dei suoi genitori.

Il caso solleva interrogativi profondi sul ruolo della simulazione, dell’inganno e delle dinamiche familiari, oltre a evidenziare la fragilità dei sistemi di controllo e la necessità di un’analisi psicologica approfondita per comprendere le motivazioni e le responsabilità di una donna capace di concepire e attuare un piano così complesso e traumatico.

La perizia psichiatrica si preannuncia quindi cruciale per la ricostruzione della verità e per la definizione del percorso di giustizia più appropriato.

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