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San Raffaele, indagine sulla terapia intensiva Iceberg: cosa è successo?

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L’ospedale San Raffaele di Milano è al centro di un’indagine preliminare avviata dalla Procura, in seguito a eventi critici verificatisi tra il 5 e il 7 dicembre nel reparto di terapia intensiva, denominato internamente “Iceberg”.
L’iniziativa, delegata al magistrato Paolo Filippini sotto la supervisione dell’aggiunto Tiziana Siciliano, non configura formalmente un’inchiesta in senso stretto, bensì un’indagine conoscitiva, volta a ricostruire la dinamica degli accadimenti e a determinarne le responsabilità.
La vicenda trae origine dall’affidamento, avvenuto in precedenza, del servizio infermieristico del reparto a una cooperativa esternalizzata.
Questa scelta gestionale, apparentemente volta a ottimizzare risorse e flessibilità, si è rivelata problematica, sollevando seri interrogativi sulla capacità operativa e sulla preparazione del personale impiegato.

Le relazioni preliminari, elaborate dal Nucleo Antisofisticazioni e Sanità (NAS) e dalla Squadra Mobile, hanno evidenziato una disorganizzazione e lacune nelle procedure che hanno generato potenziali rischi per la sicurezza e il benessere dei pazienti in cura.

L’indagine non si limita a una mera constatazione degli eventi, ma mira a disvelare le cause profonde che hanno portato alla situazione di emergenza.
Si intende analizzare la governance dell’affidamento del servizio, valutando la correttezza delle procedure di selezione, la verifica dei requisiti professionali e l’effettiva capacità della cooperativa di garantire un adeguato livello di assistenza.
Particolare attenzione sarà rivolta alla valutazione dei criteri di controllo e monitoraggio dell’operato della cooperativa, per accertare se siano stati sufficientemente rigorosi e tempestivi nel rilevare e correggere eventuali criticità.

La complessità della situazione risiede anche nella delicata interazione tra fattori economici, gestionali e clinici.

L’esternalizzazione dei servizi, sebbene spesso presentata come una soluzione efficiente, può comportare una perdita di controllo diretto sulla qualità dell’assistenza, esponendo il sistema sanitario a rischi legati alla formazione, alla supervisione e alla motivazione del personale.
L’indagine si prefigge di esaminare se l’ottimizzazione dei costi abbia prevalso sulla tutela della salute dei pazienti e se l’introduzione di un modello di gestione esterno abbia compromesso la continuità assistenziale e la sicurezza del reparto.
Il fascicolo d’indagine rappresenta, quindi, un’opportunità per il sistema sanitario milanese di riflettere sulle proprie pratiche di governance, di esternalizzazione e di controllo della qualità, al fine di prevenire il ripetersi di situazioni analoghe e di garantire la massima tutela dei diritti dei pazienti.

L’auspicio è che l’inchiesta possa contribuire a rafforzare la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni sanitarie e a promuovere un dibattito costruttivo sulle modalità di erogazione dei servizi di cura.

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