Novembre 2024: una comunicazione via messaggistica, apparentemente ordinaria, innesca una sequenza di eventi che solleva interrogativi complessi sull’intersezione tra potere politico, procedure legali e procedure interne di garanzia dei diritti alla privacy.
L’ex Ministro della Cultura, Vittorio Sangiuliano, trasmette a Agostino Ghiglia, esponente della Fratelli d’Italia all’interno del Garante per la Protezione dei Dati Personali, i documenti relativi ai ricorsi presentati da lui e dalla moglie in relazione alla controversia che riguarda il caso Boccia.
La scelta di una comunicazione via messaggistica, anziché un canale formale, rappresenta di per sé un elemento significativo, aperto a interpretazioni che ne suggeriscono una necessità di rapidità o, potenzialmente, una volontà di eludere tracciati burocratici standard.
L’urgenza percepita dalla comunicazione si concretizza immediatamente: Ghiglia, a sua volta, incarica una collaboratrice di alto livello, Cristiana Luciani, responsabile della segreteria, di accelerare la gestione dei ricorsi.
Un dettaglio cruciale è che la Luciani è anche la moglie di Luca Sbardella, deputato del partito Fratelli d’Italia e membro della Commissione di Vigilanza Rai, un organo chiave per il controllo e la supervisione della radiodiffusione pubblica.
La successiva inclusione dei ricorsi tra le priorità inderogabili del Garante assume un’importanza particolare.
Solitamente, la gestione dei ricorsi segue un percorso prestabilito, basato su criteri di ordine cronologico e gravità potenziale delle violazioni.
L’accelerazione, quindi, suggerisce che i ricorsi di Sangiuliano e della moglie abbiano beneficiato di una priorità eccezionale, sollevando interrogativi sulla trasparenza e l’imparzialità del processo decisionale.
Questo intreccio di relazioni – l’ex Ministro, un membro del Garante in quota politica, una collaboratrice strettamente legata a un parlamentare influente in ambito Rai – pone in luce la potenziale influenza delle dinamiche di potere nel sistema giudiziario amministrativo.
Il caso Boccia, intrinsecamente legato a questioni di divulgazione di informazioni personali e diritto all’immagine, si fa così veicolo di un’indagine più ampia sulle modalità con cui il potere politico può interagire, anche indirettamente, con gli organi di controllo e garanzia.
L’evento, apparentemente marginale, si configura, pertanto, come un campanello d’allarme in merito alla necessità di rafforzare i meccanismi di controllo interno e di garantire una più rigorosa separazione tra scelte politiche e gestione delle procedure legali, soprattutto quando in gioco vi sono diritti fondamentali come la privacy e la protezione dei dati personali.
La vicenda si presta a un’analisi approfondita delle implicazioni etiche e legali, con possibili ripercussioni sul ruolo e la credibilità del Garante stesso.






