L’agro-industria illecita della cannabis ha subito un duro colpo in provincia di Napoli.
La guardia di finanza di Castellammare di Stabia, nell’ambito di un’operazione mirata nella zona di Lettere, ha intercettato e sequestrato una quantità di stupefacente che supera il peso di una tonnellata, un dato che evidenzia la portata e l’organizzazione di un’attività criminale strutturata.
L’indagine ha portato alla denuncia di un soggetto, privo precedenti penali, ora al vaglio della Procura di Torre Annunziata con l’accusa di traffico e detenzione illegale di sostanze stupefacenti.
Lungi dall’essere un semplice deposito di droga, la struttura scoperta si rivelava essere una sofisticata, seppur rudimentale, fabbrica di cannabis.
Ancorata ai Monti Lattari, in un capannone artigianale disposto su due livelli, l’area era stata completamente riconvertita in un laboratorio di lavorazione della cannabis, con una precisione e un’ingegneria sorprendenti per la natura illegale dell’attività.
L’impianto era dotato di una complessa infrastruttura volta a massimizzare la produzione e la qualità del prodotto finale.
Una rete intricata di fili di ferro sospesi al soffitto fungeva da supporto per i fiori di cannabis, ottimizzando l’esposizione alla luce e la ventilazione.
Essiccatoi, fondamentali per la conservazione delle caratteristiche organolettiche e del principio attivo della pianta, erano presenti in numero considerevole.
Macchinari per la separazione, probabilmente utilizzati per estrarre cannabinoidi specifici e concentrare il potere dello stupefacente, completavano l’apparato tecnologico.
La serra vera e propria ospitava un numero elevato di piante in fase vegetativa, disposte strategicamente e sostenute da una fitta rete di fili di nylon, un dettaglio che sottolinea la cura e l’attenzione dedicate alla crescita ottimale delle piante.
Un sistema di irrigazione rudimentale, probabilmente alimentato da una fonte idrica locale, garantiva l’apporto di acqua necessario alla sopravvivenza e alla crescita delle piante.
Questo sequestro non è solo un colpo alla criminalità organizzata, ma anche un esempio di come, anche in contesti apparentemente isolati, possano radicarsi attività illecite complesse e sofisticate, sfruttando risorse naturali e conoscenze tecniche per massimizzare i profitti illeciti.
La scoperta solleva interrogativi sulla capacità di controllo del territorio e sull’importanza di rafforzare la collaborazione tra le forze dell’ordine e le comunità locali per contrastare efficacemente il fenomeno.







