Alle prime ore del mattino, una vibrazione tellurica di magnitudo 3.2 ha interrotto la quiete di Latina, manifestandosi alle 04:10.
L’evento sismico, rilevato e georeferenziato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), si è manifestato con un ipocentro relativamente superficiale, a soli 8 chilometri di profondità.
Questa caratteristica, unita alla magnitudo, suggerisce un rilascio di energia concentrato in un volume limitato del sottosuolo.
L’epicentro, il punto in superficie proiettato verticalmente verso l’ipocentro, si è localizzato in un’area situata a est del capoluogo pontino, a breve distanza, circa 4 chilometri, dal centro abitato.
La localizzazione precisa permette di contestualizzare l’evento all’interno di una regione geologicamente complessa, caratterizzata da faglie attive e da una storia tettonica articolata.
La Pontina, infatti, è una zona di transizione tra la placca appenninica e le strutture alpine, soggetta a deformazioni continue, sebbene spesso impercettibili nella vita quotidiana.
La magnitudo 3.2, pur rientrando nella categoria dei terremoti “deboli” secondo la scala Richter, è sufficiente a essere avvertita dalla popolazione, soprattutto nelle ore notturne quando i livelli di rumore ambientale sono minimi.
L’intensità percepita può variare significativamente in base alla distanza dall’epicentro, alla geologia locale (terreni più malleabili amplificano le onde sismiche) e alla tipologia di edifici presenti (strutture più vecchie e meno antisismiche sono più vulnerabili).
Nonostante la scossa abbia generato un certo allarme, al momento non sono state riportate segnalazioni di danni a persone o infrastrutture.
Questa circostanza è probabilmente dovuta alla profondità moderata dell’evento, alla sua localizzazione in una zona non densamente popolata e, auspicabilmente, alla capacità di risposta delle strutture edificate presenti.
L’evento richiama l’attenzione sulla natura sismica del territorio italiano, che si colloca in una delle zone più attive del mondo.
La Pontina, come altre aree dell’Appennino, è costantemente monitorata dall’INGV attraverso una rete di sismografi che permettono di localizzare e quantificare gli eventi sismici, contribuendo alla valutazione del rischio sismico e alla pianificazione di strategie di mitigazione.
La registrazione di questa scossa rappresenta un’ulteriore conferma dell’importanza di continuare a investire nella ricerca scientifica e nella prevenzione, al fine di garantire la sicurezza delle comunità che vivono in aree potenzialmente vulnerabili.