Nel gennaio 2021, una caduta domestica innesca una spirale di eventi tragici che si conclude con il decesso di un’anziana di 81 anni, lasciando i suoi familiari a cercare giustizia attraverso un’azione civile.
La vicenda, segnata da due dimissioni ospedaliere e da una successiva e irreversibile compromissione neurologica, solleva interrogativi cruciali sulla gestione delle emergenze mediche e sulla comunicazione medico-paziente.
La donna, immediatamente dopo l’incidente, viene accolta al Policlinico San Martino.
La valutazione iniziale rivela una contusione dorso-lombare sospetta per frattura vertebrale, unita ad una contusione alla spalla sinistra.
Nonostante i riscontri, il paziente viene dimesso in codice verde, con la raccomandazione di riposo funzionale.
Tuttavia, l’aggravarsi del quadro clinico, nonostante la terapia antidolorifica, induce i familiari a richiedere un secondo parere al Galliera.
Anche presso il Galliera si confermano problematiche alla colonna vertebrale, che vengono sottoposte a ulteriori accertamenti diagnostici.
La dimissione, ancora una volta in codice verde, si accompagna a prescrizioni di riposo e terapia farmacologica.
Un elemento critico, sottolineato dai congiunti, emerge dalla carenza di informazioni chiare e precise riguardo alla necessità di immobilizzazione, una precauzione che avrebbe potuto evitare la progressione della lesione.
Il giorno successivo, l’8 gennaio, l’anziana subisce una paralisi degli arti inferiori, costringendo i familiari a un nuovo ricovero al San Martino.
Questa volta, le indagini diagnostiche rivelano la gravità inattesa della situazione: una frattura vertebrale, la distruzione di un’altra ancora e, soprattutto, un devastante tranciamento del midollo spinale.
La conseguenza è una paralisi totale, che porta la donna a essere trasferita in una residenza sanitaria assistita (RSA), dove trascorre gli ultimi due anni della sua vita.
L’azione civile intrapresa dai familiari, assistiti dall’avvocato Storlenghi, si basa sulla perizia medico-legale di un docente universitario di Bologna, che evidenzia come una valutazione più accurata e tempestiva della situazione clinica, sin dalle prime fasi del percorso ospedaliero, avrebbe potuto impedire la progressione lesiva.
La lesione, infatti, era potenzialmente evitabile con un approccio terapeutico differente.
Le istituzioni sanitarie coinvolte hanno reagito in modo differente: il Galliera si è astenuta da qualsiasi commento, mentre il San Martino ha espresso disponibilità a collaborare con le autorità competenti e ha manifestato fiducia nell’esito della causa civile, auspicando il rispetto della memoria della defunta e dei suoi cari.
La vicenda non si limita ad una semplice querela per negligenza medica.
Essa pone l’attenzione su una problematica più ampia: la responsabilità del sistema sanitario nel garantire un’assistenza adeguata e trasparente, in grado di comunicare in maniera chiara ed efficace con il paziente e con i suoi familiari, specialmente in contesti di fragilità come quello dell’età avanzata.
La causa civile rappresenta quindi un tentativo di accertare le responsabilità e di ottenere un risarcimento per il danno subito, ma anche un monito per migliorare i processi e le procedure al fine di prevenire simili tragiche conseguenze in futuro.