La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana ha sollevato un’eco di scalpore all’interno dell’opinione pubblica e tra gli addetti ai lavori giuridici, portando alla luce una serie di considerazioni legate al tema delicato delle onoranze alle vittime di femminicidio. Il ricorso di Maurizio Zini, padre del responsabile dell’omicidio Elisa Amato, sembrava essere un tentativo di ribaltare la decisione della città di Prato di dedicare una piazza alla memoria della giovane donna uccisa. La giustizia amministrativa ha accolto il ricorso, ritenendo che l’impegno dell’amministrazione comunale nella realizzazione del luogo di omaggio era “difettoso” ed essenzialmente privo di concretezza fattuale.Tuttavia, i sostenitori della piazza in onore a Elisa Amato sostengono che la giustizia amministrativa abbia fallito nel cogliere l’importanza e l’impegno profuso dall’amministrazione comunale per realizzare un luogo di ricordo che potrebbe accogliere anche le famiglie delle vittime, come nel caso del femminicidio. Gli esperti di diritto sostengono che il Tar avrebbe dovuto considerare il tema della memoria e dell’omaggio alle vittime di crimini domestici nel quadro più ampio dei principi costituzionali di tutela della dignità umana e del rispetto per i diritti delle donne.A dispetto degli sforzi dei sostenitori di un’interpretazione diversa della sentenza, il Tar è rimasto fermo nella sua decisione. L’istanza ha sollevato domande sulla natura del rapporto tra la memoria delle vittime e l’amministrazione comunale. In sintesi, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana sembra aver avuto un impatto sul dibattito sull’interpretazione dei diritti costituzionali relativi alla memoria delle vittime di femminicidio.