Il 27 giugno 1980, il cielo sopra il Mar Tirreno si macchiò di una tragedia che ancora oggi avvolge la nazione in un velo di interrogativi irrisolti.
Il DC-9 Itavia, in volo da Bologna a Palermo, precipitò nelle acque cristalline dell’arcipelago delle Egadi, spegnendo in un istante la vita di ottantuno passeggeri ed equipaggio.
Un evento catastrofico che, anziché trovare una rapida e inequivocabile spiegazione, si è trasformato in un labirinto di indagini, depistaggi, silenzi ufficiali e teorie contrastanti.
L’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, recentemente discussa in un’udienza durata circa un’ora dinanzi al Giudice per le Indagini Preliminari di Roma, riapre una ferita purulenta che la cronaca giudiziaria ha faticosamente tentato di rimarginare.
Ma la verità, come un pesce sfuggente, continua a sottrarsi alla rete della giustizia.
L’inchiesta, avvolta in una nube di segreti militari e politici, ha subito vicissitudini che ne hanno minato la credibilità.
Inizialmente si ipotizzò un guasto tecnico, un’ipotesi presto smentita da elementi sostanziali.
Successivamente, la pista del terrorismo, sia di matrice nazionale che internazionale, fu al centro dell’attenzione, generando numerose piste investigative che si sono rivelate infondate o inconcludenti.
La questione più spinosa e controversa riguarda l’eventuale coinvolgimento di forze aeree straniere, in particolare quella francese e quella libica, le cui attività aeree in prossimità dell’area di Ustica in quella fatidica sera sono state ampiamente documentate.
La presenza di aerei militari non identificati, che sembrano aver effettuato manovre anomale nei pressi del DC-9 poco prima dell’esplosione, ha alimentato la teoria di un conflitto aereo non dichiarato, con il DC-9 Itavia involontariamente coinvolto come vittima collaterale.
L’opposizione all’archiviazione rappresenta un tentativo di illuminare gli angoli oscuri di questa vicenda, di ricostruire la sequenza degli eventi con maggiore precisione e di individuare le responsabilità, anche se queste dovesse portare a conclusioni scomode o a rivelare verità che qualcuno ha cercato di seppellire.
La richiesta di approfondimento indaga sulla potenziale manipolazione di prove, sulla scomparsa di testimonianze cruciali e sulla deliberata omissione di informazioni rilevanti per le indagini.
La memoria delle vittime, e quella di un’Italia intera ferita da questa perdita irreparabile, impone di non arrendersi alla prescrizione o alla frustrazione, ma di proseguire la ricerca della verità, affinché la giustizia, seppur tardiva, possa finalmente trionfare e dissipare le ombre che ancora avvolgono la strage di Ustica, restituendo dignità alle famiglie delle vittime e un senso di chiusura a una delle pagine più dolorose della storia repubblicana.
Il dibattito in corso davanti al Gip rappresenta, in questo senso, un’opportunità per riaprire un vaso di Pandora, con la speranza che la verità, pur amara, possa finalmente emergere.





