La sentenza d’appello bis, resa definitiva dalla Corte Suprema, segna un capitolo doloroso e complesso nella vicenda giudiziaria conseguente alla tragedia di Viareggio del 2009. Mauro Moretti, già amministratore delegato di Ferrovie dello Stato e Rfi, unitamente a undici altri imputati, ha visto confermate le condanne per disastro colposo e omicidio preterintenzionale, in un verdetto che riapre le ferite di una comunità devastata.La notte del 29 giugno 2009, un carico di gas propano, trasportato su un treno merci, deragliò nei pressi della stazione di Viareggio. L’impatto provocò l’esplosione di un incendio catastrofico che distrusse interi quartieri, causando la morte di trentadue persone e ferendo numerosi altri. Il disastro non fu solo un evento improvviso, ma il tragico culmine di una serie di negligenze, scelte progettuali inadeguate e una cultura della sicurezza compromessa.L’inchiesta e i successivi processi hanno portato alla luce una concatenazione di errori che hanno contribuito alla gravità della catastrofe. Tra questi, la mancata applicazione di dispositivi di sicurezza più avanzati, come il sistema di controllo della velocità, e la sottovalutazione dei rischi connessi al trasporto di materiali infiammabili. La gestione del piano di sicurezza per il trasporto di merci pericolose, con procedure obsolete e una scarsa attenzione alla formazione del personale, è stata oggetto di critiche aspre.La figura di Moretti, in particolare, è stata centrale nel processo, con l’accusa di aver contribuito, con le sue scelte gestionali, a creare un ambiente in cui la sicurezza era subordinata a obiettivi di efficienza e riduzione dei costi. Le sue decisioni, e quelle di altri dirigenti, sono state contestate per aver portato a una progressiva erosione degli standard di sicurezza, rendendo il sistema ferroviario più vulnerabile a incidenti.La sentenza non solo riconosce le responsabilità individuali degli imputati, ma sottolinea anche le carenze strutturali che hanno permesso che una tragedia di tale portata si verificasse. Il caso di Viareggio è un monito per l’intera società, un invito a riflettere sull’importanza della sicurezza, della prevenzione e della responsabilità collettiva. La giustizia, con questo verdetto definitivo, cerca di offrire una risposta, seppur parziale, alle famiglie delle vittime e alla comunità di Viareggio, ma la memoria di coloro che hanno perso la vita rimarrà un impegno costante per un futuro più sicuro. Il processo, al di là delle condanne, ha sollevato interrogativi cruciali sulla governance delle grandi infrastrutture e sulla necessità di una revisione profonda dei meccanismi di controllo e di responsabilità. La ricostruzione non è solo materiale, ma anche morale, e richiede un impegno continuo per garantire che una tragedia simile non si ripeta.