Nel contesto vibrante del Filming Italy Sardegna Festival 2025, Sergio Castellitto si presenta al pubblico con un’energia contrastante: una tensione palpabile mitigata da una disarmante naturalezza. L’attore, reduce dall’esperienza londinese de *I Gentiluomo 2* di Guy Ritchie, affronta tematiche complesse che spaziano dall’amara vicenda di Francis Kaufmann alla sua esperienza, profondamente traumatica, al Centro Sperimentale di Cinematografia, per poi soffermarsi sul futuro del cinema, l’influenza del politicamente corretto e il percorso artistico del figlio Pietro.L’interpretazione del suo personaggio ne *I Gentiluomo 2*, un mafioso sofisticato e dotato di una sua personale, contorta etica, è descritta come un’immersione in un universo di umorismo tipicamente britannico, un elemento che ha particolarmente colpito Castellitto. Tuttavia, l’ombra del caso Kaufmann aleggia, definita con amarezza come una commedia se non fosse tragedia. Castellitto esprime una profonda inquietudine, suggerendo un sospetto diffuso: se una vicenda del genere è accaduta una volta, è probabile che si sia ripetuta in altre occasioni, celata dietro la facciata di una burocrazia complessa, una macchina dalle leggi intrinsecamente diaboliche, capace di generare assurdità inaudite, come il finanziamento statale a un progetto cinematografico concepito da un uomo che, in realtà, si è macchiato di crimini efferati.Castellitto lancia una frecciatina al sistema di finanziamento cinematografico, lamentando una distorsione delle priorità: “Il settore pubblico dovrebbe sostenere primizie e seconde opere, giovani talenti. Mentre si discute, il cinema si autodistrugge.” La capacità di condensare una storia complessa in poche righe, come quella di un assassino che si presenta come regista e ottiene finanziamenti ingenti, rivela, a suo avviso, la gravità della situazione.La proposta di Pupi Avati di istituire un ministero del cinema suscita un interrogativo più ampio: perché fermarsi al cinema? Un ministero del teatro o delle arti visive non sarebbe forse altrettanto necessario, a testimonianza della consapevolezza condivisa della crisi che affligge il panorama culturale italiano.Sulle tracce del politicamente corretto, Castellitto esprime una preoccupazione più radicata: non tanto il danno al cinema, quanto l’indurimento dei rapporti umani, la perdita di una naturalezza e gentilezza che caratterizzavano le generazioni precedenti. L’estremo conformismo, la tendenza alla demonizzazione, rappresentano per lui una forma di fascismo ideologico.Il successo del figlio Pietro è motivo di orgoglio, ma anche di riflessione. Castellitto ha sempre creduto nel suo talento, un potenziale artistico, seppur caotico. La libertà creativa di Pietro, la sua capacità di esprimersi al di fuori di schemi predefiniti, lo disorientano, lo ammirano.Riguardo ai suoi progetti attuali, Castellitto rivela di essere impegnato nella seconda stagione di *Storia della mia famiglia* per Netflix, interpretando un personaggio complesso, un uomo di grande umanità. L’esperienza al Centro Sperimentale, traumatica e faticosa, lo ha spinto a tornare a lavorare, a ritrovare la gioia della creazione, dopo aver assistito a un meccanismo di diffamazione e ingiustizia che lo ha profondamente segnato. La sua resilienza è la testimonianza di un artista che, pur toccato da eventi dolorosi, non rinuncia a credere nel potere trasformativo del cinema.