In un contesto storico segnato da un conflitto sanguinoso a Gaza, dove il fumo delle abitazioni distrutte in Cisgiordania si fonde con l’eco quotidiana della perdita, il regista palestinese con cittadinanza israeliana Scandar Copti lancia un appello all’incrollabile speranza. In una serata al Nuovo Sacher, introdotta da Nanni Moretti e a sostegno di Emergency, Copti, autore di “Happy Holidays” (nelle sale dal 3 luglio), sottolinea l’imperativo di trasmettere questo sentimento ai giovani, un faro in un’epoca di disperazione.La storia, ammonisce il regista, è maestra di ciclicità: nessuna potenza, per quanto imponente, può arrogarsi l’immortalità. Copti, con acume storico, individua i meccanismi di potere in gioco, richiamando il sostegno americano al progetto sionista, per poi ricordare la decadenza di imperi passati, dalla Roma antica all’impero ottomano, l’abbandono delle colonie britanniche, la caduta dell’apartheid. La sua presenza, il suo lavoro, la presentazione del suo film, diventano essi stessi atti di resistenza, affermazioni di identità e speranza per un futuro in cui la dignità palestinese possa fiorire.“Happy Holidays”, vincitore del premio per la sceneggiatura in Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, intreccia le storie di due famiglie, una israeliana e una palestinese, ad Haifa, attraverso le voci di donne di generazioni diverse. Il film, realizzato con attori non professionisti, offre uno sguardo crudo e intenso sulla realtà di un territorio lacerato da conflitti ancestrali. Le riprese, completate tra il 2020 e il 2022, precedono gli eventi drammatici del 7 ottobre 2023 e la successiva guerra a Gaza, eppure, secondo quanto riferito dagli spettatori, sembrano prefigurare la tragica escalation del conflitto.Copti, con profonda perspicacia, rivela come i sistemi oppressivi, sia patriarcali che militaristi, intrappolino sia gli oppressi che gli oppressori. Il fulcro della riflessione si concentra sulle figure materne, custodi di un’oppressione interiorizzata, trasformata in un meccanismo di sopravvivenza. La normalizzazione della violenza, il perpetuarsi di modelli sociali distorti, diventano valori indiscussi, assenti da un’analisi critica, intrappolando intere generazioni in un circolo vizioso di dolore e frustrazione. Il film, quindi, non è solo un racconto di dolore, ma un invito a smascherare le radici profonde della disumanizzazione, a rompere il silenzio e a ricostruire un futuro basato sulla giustizia e sulla compassione.