La scomparsa di Goffredo Fofi, intellettuale poliedrico e figura di riferimento per generazioni di lettori e pensatori, segna una perdita significativa per il panorama culturale italiano.
A ottantotto anni, Fofi, originario di Gubbio, lascia un’eredità complessa e stimolante, intessuta di impegno civile, acuta critica sociale e profonda sensibilità umana.
La sua vita fu un continuo attraversamento di ideali e battaglie.
Fin da giovane, animato da un forte senso di giustizia, si avvicinò alle istanze sociali e politiche, partecipando alle lotte per i diritti dei lavoratori e dei più deboli, un percorso che lo portò a Palermo, a fianco di Danilo Dolci, dove condivise l’impegno pacifista gandhiano e la volontà di riscatto per le periferie abbandonate.
Questa esperienza formativa segnò indelebilmente il suo sguardo, orientandolo verso una riflessione costante sulle disuguaglianze e sulle ingiustizie che affliggono la società.
L’esperienza parigina, alla rivista *Positif*, ampliò i suoi orizzonti culturali, introducendolo alle nuove correnti cinematografiche e contribuendo a forgiare il suo acuto spirito critico.
Al suo ritorno in Italia, Fofi si distinse come saggista, giornalista e critico di cinema, letteratura e teatro, fondando riviste come *Quaderni piacentini* e partecipando attivamente alla nascita di altre testate che hanno contribuito a diffondere idee innovative e a stimolare il dibattito culturale.
La sua voce, spesso dissonante e provocatoria, si è fatta sentire attraverso inchieste coraggiose come *L’immigrazione meridionale a Torino*, un’opera che, inizialmente rifiutata da Einaudi, trovò finalmente spazio in Feltrinelli, testimoniando la sua capacità di sfidare i luoghi comuni e di denunciare le realtà scomode.
Fofi fu un intellettuale profondamente legato alla sua epoca, capace di cogliere le trasformazioni sociali e culturali e di interpretarle con lucidità e passione.
Le sue riflessioni sul ruolo della cultura nella società contemporanea, raccolte in opere come *L’oppio del popolo*, esprimono una profonda preoccupazione per la perdita di capacità critica e per la diffusione di modelli culturali superficiali e omologanti.
Il suo sguardo si posò anche sul cinema, un mezzo che amava e che analizzò con competenza e originalità.
Dalla *Storia del Cinema*, realizzata in collaborazione con Morandini e Volpi, al pamphlet *Il cinema italiano: Servi e padroni*, Fofi ha contribuito a decifrare il linguaggio cinematografico e a valorizzare il contributo di autori spesso sottovalutati, come Totò, a cui ha dedicato un saggio che ne ha restituito la complessità e l’importanza.
Oltre all’impegno politico e culturale, Fofi rivelò una profonda umanità, un’empatia che si manifestava in rapporti di amicizia intensa con figure di spicco come Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini, Fabrizia Ramondino, e tanti altri.
La sua capacità di passare da attacchi veementi a gesti di affetto disarmante era una caratteristica distintiva che lo rendeva unico e affabile.
La sua vasta produzione, ripercorsa nell’antologia *Son nato scemo e morirò cretino*, testimonia la sua instancabile ricerca di verità e la sua volontà di stimolare la riflessione critica.
L’eredità di Goffredo Fofi è un invito a non rassegnarsi, a coltivare lo spirito di disobbedienza civile e a continuare a lottare per un mondo più giusto e umano.