Il Taormina Film Festival si anima con l’eco di un’esperienza cinematografica singolare, un’occasione per Helen Hunt, icona di talento e versatilità, a ricevere il prestigioso Premio alla Carriera. L’attrice, regista e sceneggiatrice americana, figura chiave nel panorama del cinema mondiale, condivide ricordi e riflessioni a margine della 71esima edizione del festival, focalizzandosi su un progetto ancora privo di titolo definitivo – si parlava di “Lucca Mortis” – che la vide protagonista in Italia.Il film, firmato dal visionario Peter Greenaway, si presenta come un’esplorazione inaspettata, un intreccio surreale dove la realtà si confonde con l’illusione. La trama, apparentemente semplice, narra di un viaggio in una Lucca quasi tangibile, un personaggio vivente che si manifesta inaspettatamente. Ma l’opera trascende la narrazione convenzionale, immergendosi in una riflessione più profonda sulla mortalità e la liberazione.Il ricordo si commista al racconto di “Something Wild” (1986), film che le valse l’Oscar come miglior attrice nel 1988. Un’opera che, secondo le parole del regista James L. Brooks, affronta un paradosso fondamentale: ogni tentativo di assicurarsi una protezione assoluta conduce inevitabilmente verso una forma di prigionia. I personaggi, intrappolati nelle loro ansie e ossessioni, sono chiamati a lasciar andare ciò che li affligge: il peso della paternità, l’ossessione per il controllo, l’illusione della giovinezza eterna. Un’impostazione che definisce il film come una commedia, paradossalmente, proprio per la sua capacità di sondare le profondità dell’animo umano con una leggerezza disarmante.L’esperienza sul set con Jack Nicholson si rivela un’avventura imprevedibile. Helen Hunt rivela un profondo rispetto e un’inattesa affinità con il collega, descrivendolo come un mentore, un compagno di studio, una forza della natura irrequieta. L’interazione tra i due attori, alimentata da una comune passione per la recitazione, si configura come un’esplorazione reciproca, un dialogo continuo tra due artisti che si interrogano sulla natura del personaggio e sul significato della performance.Cresciuta in un ambiente artisticamente stimolante, figlia di un produttore cinematografico e di una fotografa, e nipote di un regista, Helen Hunt ha scelto consapevolmente la strada della recitazione, sostenuta da una famiglia che ne ha sempre incoraggiato la vocazione. L’età, inevitabile compagna di ogni essere vivente, si manifesta come una sfida particolare per le attrici, richiedendo una profonda accettazione del tempo che passa e un focus rinnovato sulla qualità della scrittura. “Una sceneggiatura solida è un dono per tutti, indipendentemente dall’età, dal colore della pelle o dal genere,” sottolinea.La disparità di opportunità tra registi e registe rimane un problema urgente. Helen Hunt esorta l’industria cinematografica a offrire alle donne la possibilità di dirigere i grandi franchise, aprendo loro le porte di un successo più ampio e duraturo. La prassi di pagare le registe solo per episodi singoli, a differenza dei registi che ricevono compensi per l’intera serie, perpetua un sistema iniquo e limitante. La strada verso la parità di genere nel cinema è ancora lunga, ma la voce di Helen Hunt si erge come un faro di speranza e un invito all’azione.