“Night Call” è un esordio cinematografico dirompente, opera del regista belga Michiel Blanchart, un trentaduenne che si rivela subito un talento di spicco.
Premiato con il Gran Premio della Giuria alla Festa del Cinema di Roma 2024 e distribuito da Unicorn, il film è un’immersione vertiginosa in una Bruxelles urbana, cupa e inaspettatamente violenta, un labirinto di ombre e opportunità.
Al centro di questa notte incalzante troviamo Mady (Jonathan Feltre), un fabbro apparentemente ordinario, un uomo che incarna la vulnerabilità e l’invisibilità.
La sua esistenza tranquilla viene sconvolta da un inganno orchestrato da Claire (Natacha Krief), una truffatrice che lo coinvolge in un furto di proporzioni inimmaginabili.
Questa decisione fatale lo catapulta nel cuore di una rete criminale spietata, dominata dalla figura enigmatica e glaciale di Yannick (Romain Duris), un boss che impone il terrore attraverso un metodo di esecuzione brutale e simbolico: l’asfissia, una sorta di mummificazione vivente che priva le vittime di ogni contatto con il mondo.
“Night Call” non è semplicemente un thriller adrenalinico, ma un’esplorazione intensa delle dinamiche sociali e della precarietà dell’esistenza.
La narrazione si sviluppa sullo sfondo di una città in fermento, segnata da proteste per i diritti civili, contenute a stento dalla polizia, una sovrapposizione di realtà che amplifica il senso di tensione e disorientamento.
Il film riflette la fragilità dell’individuo di fronte a un sistema corrotto e ingiusto.
Come rivela Blanchart, l’idea del film è nata da un concetto primario: un uomo, una città, una notte.
Il fabbro, metaforicamente, apre le porte a mondi inesplorati, un’analogia potente che consente di sondare le profondità dell’animo umano e le zone d’ombra della società.
L’impatto delle proteste di Black Lives Matter ha contribuito a plasmare la sensibilità del film, rendendolo un’opera profondamente radicata nel contesto storico e sociale contemporaneo.
“Night Call” interroga il rapporto tra individuo e potere, sollevando interrogativi cruciali sulla fiducia nelle istituzioni e sulle ragioni che spingono una persona a risolvere i propri problemi da sola, soprattutto quando si appartiene a una minoranza marginalizzata.
Mady, in questo senso, non è un eroe tradizionale, ma un antieroe, un uomo gentile e onesto costretto a confrontarsi con una realtà brutale e a vestire un ruolo che non gli appartiene.
La sua forza risiede nella capacità di mantenere la propria integrità morale anche di fronte alle avversità, un atto di coraggio che lo eleva al di sopra della sua stessa vulnerabilità.
È la storia di chi, spinto dalle circostanze, scopre una riserva inesplorata di resilienza, pagando poi un prezzo elevato per la propria scelta.