“Paradiso in vendita” di Luca Barbareschi, una parabola acuta e malinconica sul valore dell’identità in un’era di speculazione finanziaria, affonda le sue radici in un episodio di cronaca greca del 2015: il tentato smantellamento di isole dell’Egeo attraverso la loro vendita.
Trasferendo l’azione in un’immaginaria isola siciliana, Fenicusa, il film dipinge un quadro inquietante: un governo italiano sull’orlo del collasso economico, disposto a sacrificare un pezzo di patrimonio culturale e umano sull’altare del profitto, cedendola a investitori francesi.
François, interpretato da Bruno Todeschini, incarna l’ambizione senza scrupoli.
Il suo soprannome, “Richelieu”, è un’evocazione deliberata di astuzia politica e spregio per la moralità.
Promesso a una rapida ascesa ministeriale, François si rivela un manipolatore implacabile, disposto a sfruttare ogni anello debole nella comunità isolana per accaparrarsi proprietà e potere, orchestrando un’operazione di acquisizione subdola, un intreccio di negoziazioni, compravendite e lottizzazioni che minaccia di cancellare l’essenza stessa dell’isola.
Contro questo fronte aggressivo si erge Mariana Torre, magistralmente interpretata da Donatella Finocchiaro, sindaca e maestra, una figura complessa e carismatica, portatrice di una forza che affonda le sue radici nella cultura e nell’amore per la sua gente.
È lei a incarnare la resilienza della comunità, a guidare la resistenza contro l’inganno e la disumanizzazione.
L’isola, un microcosmo di valori tradizionali e legami ancestrali, si prepara a una battaglia esistenziale per la preservazione della sua lingua, della sua bandiera, delle sue tradizioni, del suo stesso diritto di esistere.
Barbareschi, ispirato dalla bellezza selvaggia di Filicudi, concepisce il film come una “favola politica”, una metafora potente e universale che esplora il contrasto tra la forza del legame umano e la voracità del capitale.
La sua riflessione si estende ben oltre la finzione narrativa, toccando temi di attualissima rilevanza: la fragilità delle economie nazionali, la perdita di sovranità, il degrado del patrimonio culturale in nome del progresso economico.
L’amara constatazione del regista, che vede il passato tradimento della Grecia – inizialmente contesa tra Germania e Cina – rispecchiarsi in una progressiva svendita dell’Italia stessa, evoca un senso di impotenza e di smarrimento.
Donatella Finocchiaro descrive il suo personaggio come una “capobanda di folli”, una leader capace di scatenare la furia sopita della comunità di fronte alla scoperta del complotto che la riguarda, anche a livello personale.
Il rapporto con François si rivela un terreno minato, un’illusione infranta che la porta a confrontarsi con la propria vulnerabilità e a riscoprire la propria forza interiore.
Nel cuore del film, emerge una profonda riflessione sulla condizione umana, un monito contro l’indifferenza e l’oblio.
Barbareschi, in quanto ebreo di origini uruguayane, con un passato formatosi tra Beirut e Gedda, esprime il suo dolore per le atrocità commesse a Gaza, sottolineando l’inaccettabilità di sacrificare l’innocenza infantile in nome di conflitti ideologici o economici.
L’evocazione del genocidio ruandese del 1994, avvenuto nel silenzio assordante della comunità internazionale, funge da cupo parallelo, ricordandoci la nostra responsabilità morale di non rimanere spettatori passivi di tragedie umane.
“Paradiso in vendita” è un film che interroga il nostro presente, invitandoci a riflettere sul significato del paradiso perduto e sulla possibilità di riconquistarlo.