Cinquant’anni dopo la sua sconvolgente apparizione, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” riemerge nelle sale cinematografiche, non come un semplice riproponimento, ma come un’occasione per ripercorrere un capitolo cruciale nella storia della rappresentazione della malattia mentale e dell’istituzione psichiatrica.
La versione restaurata in 4K, curata con maestria da Academy Film Archive e Teatro Della Pace Films, offre una nitidezza e una profondità d’immagine che amplificano l’impatto emotivo del film di Miloš Forman.
L’opera, tratta dal romanzo omonimo di Ken Kesey del 1962, non fu accolta con indifferenza.
La sua uscita, inizialmente programmata per il 19 novembre 1975 a New York e poi distribuita in tutto il mondo, scatenò un dibattito intenso sulle pratiche psichiatriche dell’epoca, sulla dignità dei pazienti e sulla natura stessa della libertà individuale.
In Italia, la sua arrivo a marzo 1976 fu accompagnato dalla censura, con il divieto ai minori di 14 anni a causa del linguaggio crudo e diretto che permea la narrazione.
Il successo commerciale fu inaspettato e travolgente, incassando oltre 163 milioni di dollari e posizionandosi come il secondo film di maggior successo dell’anno, alle spalle di “Lo Squalo”.
Ma l’eredità di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” trascende i numeri: si tratta di un trionfo artistico che ha riscritto le regole del cinema.
La conquista dei cinque Oscar principali – miglior film, regia, attore protagonista (Jack Nicholson), attrice protagonista (Louise Fletcher) e sceneggiatura non originale – non fu solo una consacrazione, ma una vittoria per un’opera che aveva sfidato le convenzioni e toccato corde profonde nell’animo del pubblico.
La vicenda di Jack Nicholson, che inizialmente si era dichiarato riluttante a partecipare alla cerimonia degli Oscar, è emblematica del rapporto tra l’artista e il successo.
La sua convinzione di essere destinato a un’ennesima sconfitta, dopo cinque candidature precedenti, testimonia una certa autoconsapevolezza e un timore di deludere.
L’aneddoto raccontato da Michael Douglas, il produttore e debutante in quel ruolo, rivela la forza di volontà necessaria per superare le resistenze e ottenere un trionfo che, alla luce dei fatti, si è rivelato storico.
Il film, con la sua potente allegoria della ribellione contro l’oppressione, ha introdotto al grande schermo personaggi indimenticabili.
Jack Nicholson incarna Randle Patrick McMurphy, un uomo apparentemente superficiale che, dietro una facciata di ribellione, cela una profonda umanità.
Louise Fletcher, nei panni dell’implacabile infermiera Mildred Ratched, ha creato un’icona del controllo autoritario e della manipolazione psicologica.
Il cast corale, che include Will Sampson, Brad Dourif, Christopher Lloyd, William Redfield, Sydney Lassick e Danny DeVito, contribuisce a creare un microcosmo di sofferenza, speranza e resistenza.
L’interpretazione di DeVito, in particolare, fu il trampolino di lancio per una carriera stellare che lo ha consacrato come uno degli attori più amati e versatili di Hollywood.
L’impatto culturale di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” si estende ben oltre il cinema.
L’opera ha ispirato una nuova ondata di consapevolezza sui diritti dei pazienti psichiatrici e ha contribuito a mettere in discussione le pratiche di deistituzionalizzazione.
Più recentemente, la serie televisiva “Ratched” di Ryan Murphy, distribuita da Netflix, ha esplorato in modo approfondito le origini del personaggio interpretato da Louise Fletcher, offrendo una prospettiva innovativa e controversa sull’universo narrativo del film originale.
La serie, pur con le sue libertà artistiche, ha riacceso l’interesse per la storia e i temi sollevati dall’opera di Forman, dimostrando la sua capacità di generare nuove interpretazioni e di dialogare con il pubblico contemporaneo.
“Qualcuno volò sul nido del cuculo” rimane quindi un’opera fondamentale per comprendere l’evoluzione della rappresentazione della malattia mentale e dell’istituzione psichiatrica nel cinema e nella cultura popolare.