Riflettere su questi ultimi sette anni è come osservare il lento sciogliersi di un ghiacciaio, un processo che ha lasciato in me cicatrici profonde ma ha anche rivelato paesaggi interiori inaspettati. Esprimo una profonda gratitudine per coloro che hanno offerto un porto sicuro durante la tempesta, per coloro che hanno creduto nella mia innocenza e hanno avuto la pazienza di attendere il giudizio formale, senza condanne affrettate. Il loro supporto rappresenta un debito che mi lega a loro per sempre. Chi, invece, mi ha precipitato in un tribunale dell’opinione pubblica, ha ricevuto il mio perdono, ma non aspiro più alla loro compagnia. Il cammino verso la ricostruzione personale si snoda attraverso la compassione, non la vendetta. Questi anni di prova, paradossalmente, hanno rafforzato i miei legami familiari, mi hanno permesso di riscoprire la profondità della vera amicizia e di riconnettermi con il mio io più autentico. Non nutro rancore né rabbia; al contrario, ho abbracciato un’empatia più profonda, un desiderio di comprendere anziché giudicare. I media, con le loro dinamiche spesso opache e i loro obiettivi non sempre trasparenti, hanno giocato il loro ruolo, ma la risposta più significativa è giunta dal pubblico, un affetto inatteso e genuino, testimoniato anche qui, in questo contesto.Ricevere il Maximo Excellence Award è un onore che accresce ulteriormente la mia riconoscenza verso i fan che, nonostante le avversità, non mi hanno abbandonato, continuando a esprimere il loro apprezzamento per il mio lavoro. Sono consapevole che su internet esistano voci dissonanti, ma il mio percorso si è costellato di incontri positivi e di sostegno tangibile.La mia formazione alla Juilliard School è stata fondamentale: ha instillato una disciplina emotiva, fisica, artistica e intellettuale che ha plasmato il mio approccio alla recitazione. Ripensando al percorso che mi ha portato da *I Soliti Sospetti* ad *American Beauty*, fino alle mie esperienze di regia, mi rendo conto di quanto sia stato ricco e variegato il mio cammino.Se Frank Underwood, il Presidente spregiudicato di *House of Cards*, potesse dare un consiglio all’attuale leader, probabilmente si limiterebbe a sottolineare la natura effimera del potere: è una percezione fragile, che dipende interamente dalla fiducia che il popolo ti concede. Lavorare a *House of Cards* è stato un’esperienza straordinaria, un vortice di creatività e risate. Robin Wright è stata una compagna di scena eccezionale, e David Fincher ha conferito alla serie un’inconfondibile atmosfera. Ritrovare un progetto televisivo di tale spessore sarebbe un’opportunità irrinunciabile.Con profonda tristezza, ripenso all’amico Val Kilmer, scomparso prematuramente. La nostra amicizia, nata sui banchi della Juilliard, si è rafforzata nel corso degli anni, condividendo palcoscenici e sogni. La sua perdita lascia un vuoto incolmabile.Nonostante le difficoltà, ho continuato a lavorare in produzioni indipendenti, come *L’uomo che disegnò Dio*, per il quale ringrazio Franco Nero per avermi offerto un’opportunità quando molti mi avrebbero ignorato.Attualmente, mi dedico a *The Awakening* e a *1780*, progetti che mi permettono di esplorare nuove sfide. Ammiro attori come Jack Lemmon, Jimmy Stewart e Spencer Tracy, modelli di carriera duratura e resilienza. Oggi sono particolarmente attratto da storie di redenzione, di silenzio e di sopravvivenza, spazi in cui si celano verità complesse e inesplorate. Ho acquisito una comprensione di questi temi che sette anni fa mi sarebbe apparsa inaccessibile. Il viaggio è tuttora in corso.