Il vento di Roma, intriso di ricordi e di un’eco lontana di applausi, soffia oggi su un vuoto incolmabile.
Enrico Lucherini, figura emblematica del mondo dello spettacolo italiano, si è spento all’alba dei novantatré anni, lasciando dietro di sé un’eredità di eleganza, ingegno e un’incomparabile abilità nel plasmare l’immagine delle star.
Il suo nome, per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, evoca un’epoca d’oro del cinema, un’era di creatività e di talento puro, un tempo in cui la comunicazione era arte, non mera tecnica.
Giorgio Assumma, testimone privilegiato di questa parabola, ne condivide il dolore, il rimpianto e la malinconia di un’amicizia giunta a termine.
Lucherini era più di un press agent: era un architetto di sogni, un tessitore di narrazioni, un custode della memoria collettiva del cinema italiano.
Il progetto di un libro, “I migliori anni che non tornano più”, rimasto un’aspra delusione, incarna la fragilità del tempo e l’inarrestabile scorrere degli anni, un monito a cogliere l’attimo fuggente.
Assumma, avvocato di fama e punto di riferimento per intere generazioni di legali specializzati nel diritto d’autore, ricorda con affetto la figura di Lucherini, un uomo capace di coniugare l’umorismo disarmante con una profonda sensibilità e un rigore professionale impeccabile.
L’esperienza maturata al fianco di maestri come Luchino Visconti, durante la lavorazione di “Gruppo di famiglia in un interno”, testimonia la sua capacità di operare con discrezione e garbo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione dei più grandi nomi del cinema.
La sua memoria, prodigiosa e ricca di aneddoti, si rivela attraverso un episodio emblematico risalente al 16 agosto 1973.
Steso su un lettino operatorio per un intervento al braccio, Assumma, sotto l’effetto dell’anestesia locale, si lascia sfuggire il nome di Lucherini in risposta alla constatazione del chirurgo, sbalordito dalla sua apparente presenza simultanea in due luoghi diversi.
La sua risposta, sussurrata tra le forze che si affievolivano, rivela la natura quasi magica della sua attività: un artefice di notizie verosimili, un maestro nell’abilità di rendere credibile l’inverosimile, con una nobiltà d’animo e un’intelligenza che disarmavano ogni critica.
Lucherini non creava solo immagini, ma proiettava un’aura di autenticità e di autorevolezza, fondendo abilmente realtà e finzione.
La scomparsa di Enrico Lucherini lascia un vuoto incolmabile nel panorama culturale italiano.
Ogni figura di questo calibro, quando ci abbandona, rappresenta la perdita di una tessera preziosa di un mosaico complesso e fragile, un tassello fondamentale per ricostruire e comprendere la storia dello spettacolo.
Il suo ricordo, tuttavia, continuerà a illuminare il cammino di chi, come Giorgio Assumma, ha avuto la fortuna di conoscere e apprezzare la sua straordinaria umanità e il suo ineguagliabile talento.
Il suo lascito vive nell’eco dei film che ha contribuito a plasmare, nelle storie che ha raccontato e nell’ammirazione che ha suscitato in chi ha avuto il privilegio di incrociare il suo cammino.