La città di Bologna, nel cuore del suo antico Archiginnasio, si è avvolta in un abbraccio collettivo, un lutto che si è dilatato in una giornata intera di commozione.
Stefano Benni, figura imprescindibile del panorama letterario italiano, si è spento all’età di settantotto anni, dopo una battaglia silenziosa contro una malattia che, secondo quanto testimoniato dall’amico e collega Daniel Pennac, lo ha progressivamente privato del dono della risata.
Quel suono, la risata, era stato il marchio distintivo di Benni.
Non una risata superficiale, bensì un’esplosione di vitalità, un’arma contro il dolore, un ponte verso l’empatia.
Era la voce di un intelletto acuto e arguto, capace di decostruire le certezze con un sorriso, di smascherare le ipocrisie con un’ironia tagliente ma mai sprezzante.
La sua risata, come una chiave, apriva le porte a mondi inaspettati, invitando il lettore a condividere la sua visione del reale, un reale filtrato attraverso l’umorismo e la profonda umanità.
Benni non fu solo un poeta, ma un narratore capace di reinventare il linguaggio, di mescolare generi e registri, di creare personaggi indimenticabili.
La sua opera, un caleidoscopio di voci e di esperienze, ha attraversato generazioni, lasciando un’impronta indelebile nel panorama culturale italiano.
La sua scrittura, spesso definita “nonsense” o “surreale”, era in realtà un’esplorazione profonda della condizione umana, un tentativo di dare un senso al caos della vita attraverso la parola.
La camera ardente, allestita nel cortile dell’Archiginnasio, è stata il luogo di un ultimo saluto, un omaggio a un uomo che ha saputo donare allegria e intelligenza al mondo.
Un addio intriso di tristezza, ma anche di gratitudine per aver potuto condividere con lui un pezzo di vita.
La sua eredità, fatta di libri, di poesie, di incontri, continuerà a risuonare nel tempo, un eco di risa che sfida l’oscurità e celebra la bellezza fragile dell’esistenza.
La perdita di Benni è un vuoto incolmabile per la letteratura italiana, una ferita aperta nel cuore di chi lo ha amato e apprezzato.
Ma la sua voce, la sua ironia, la sua umanità, rimarranno per sempre impresse nella memoria collettiva, un faro che illumina il cammino di chi cerca il senso e la gioia nella parola.