L’essenza di una vita può rivelarsi in un’immagine onirica, un sussurro nell’oscurità che si traduce in azione.
Per Alda Fendi, l’arte non è mera espressione, ma un’estensione dell’anima, un atto di profonda empatia che si materializza in gesti concreti.
Un episodio emblematico, un incontro notturno con Giancarlo Menotti, ne è testimonianza: la sua casa, sull’orlo del baratro finanziario, destinata all’asta pubblica.
Una richiesta disperata, percepita da Alda non come un dovere, ma come un appello primordiale che imponeva una risposta.
Questa capacità di cogliere il significato profondo, di trasformare l’angoscia altrui in impulso creativo, affonda le sue radici nell’educazione che la madre, Adele, le ha impartito, condividendo un retaggio di forza e determinazione con le sue quattro sorelle: Paola, Anna, Franca, Carla.
Adele, figura centrale, instillò in loro un principio fondamentale: l’agire con prontezza e intelligenza, l’apprendimento dall’errore come un monito e non una condanna, la costante ricerca di nuove frontiere.
Adele si definiva un “brevetto”, un marchio di eccellenza nell’azione e nell’iniziativa, un’affermazione che sottolinea la sua visione delle donne come motore di progresso, in contrasto, forse, con una percezione più passiva associata agli uomini.
Un’osservazione, espressa con un sorriso e un’aria vivace, accresciuta dall’immagine che i suoi occhiali creano: un accessorio pop, un’opera d’arte giocosa e iconica, con la sua forma che evoca l’energia atomica, simbolo di un potenziale inesauribile e di una forza creativa capace di trasformare la realtà.
L’eredità materna, quindi, si configura non solo come un insieme di insegnamenti, ma come un modello di leadership, un invito a superare i confini, a essere artefici del proprio destino e a lasciare un segno indelebile nel mondo.