domenica 12 Ottobre 2025
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Amata: maternità, scelte difficili e il coraggio di scegliere.

“Amata”, il nuovo film di Elisa Amoruso, offre uno sguardo intimo e complesso sulla maternità, scavando nel terreno spesso inesplorato dei suoi dilemmi etici e delle sue implicazioni emotive.

Il film, presentato alle Giornate degli Autori a Venezia e ora nelle sale, intreccia le storie di due donne, Nunzia e Maddalena, figure speculari intrappolate in percorsi esistenziali apparentemente opposti ma profondamente interconnessi.

Nunzia (Tecla Insolia), giovane studentessa universitaria, si trova ad affrontare l’imprevisto di una gravidanza indesiderata, un evento che la costringe a confrontarsi con scelte difficili e a navigare in un mare di incertezze.

Dall’altra parte, Maddalena (Miriam Leone), una donna agiata e sposata con il pianista Luca (Stefano Accorsi), vive l’angoscia di un desiderio di maternità rimasto irrealizzato, segnato da tentativi falliti e dolorose perdite.
Il film non indulge in giudizi morali, ma si propone di esplorare la vulnerabilità di entrambe le protagoniste, offrendo uno spazio di comprensione e compassione.

Amoruso, attraverso la narrazione, mette in luce il ruolo cruciale delle “culle per la vita” e dell’accompagnamento psicologico (Donatella Finocchiaro) come potenziali vie d’uscita da situazioni disperate.
Il film si configura come un atto di solidarietà verso le donne che si sentono impreparate ad affrontare la maternità, sottolineando il coraggio intrinseco nel gesto di affidare un bambino in un ambiente sicuro e protetto.

Un gesto che, pur nella sua delicatezza, può rappresentare un atto di responsabilità e di amore.

La regista, in un’intervista, rivela un’esperienza personale dolorosa, un aborto spontaneo, che l’ha spinta a trattare un tema tabù con sensibilità e realismo.

L’aborto, una perdita spesso silenziata, emerge come un elemento comune a molte donne, una ferita emotiva che necessita di essere riconosciuta e condivisa.
“Amata” si colloca nel genere drammatico, arricchito da elementi di cronaca, come testimoniato anche dall’esperienza della regista con la serie “The Good Mothers”.

Il film aspira a smuovere le coscienze, non attraverso messaggi didascalici, ma attraverso l’emozione, evocando l’estetica cinematografica di autori come Truffaut, che privilegia la narrazione visiva e la capacità di creare empatia con i personaggi.

L’esperienza precedente della regista, il documentario su Chiara Ferragni, offre uno spunto per riflettere sull’evoluzione del fenomeno digitale e sull’importanza di raccontare storie con sguardo critico e consapevole.

Un’ascesa digitale che, forse, necessita di essere ri-esplorata alla luce di nuove prospettive e interpretazioni.

“Amata”, una produzione Memo Films, Indiana Production e Rai Cinema, si propone come un’opera cinematografica coraggiosa e necessaria, capace di stimolare il dibattito e di offrire una nuova luce sulla complessità della maternità nel panorama contemporaneo.

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