Un’eco di inquietudine, un abisso di significato: così si presenta *The Turn of the Screw*, l’opera di Benjamin Britten, che approda al Teatro dell’Opera di Roma (19-28 settembre) sotto la direzione artistica di Deborah Warner.
Un’immersione profonda nella psiche umana, trasfigurata in un dramma musicale di straordinaria potenza, che riprende il filone gotico inaugurato da Henry James e da cui Britten trasse ispirazione giovanile.
Warner, che ha precedentemente affrontato *Peter Grimes* e *Billy Budd* con il medesimo teatro, rivela come l’opera rappresenti una connessione emotiva profonda per il compositore, intrisa di una riflessione sulla perdita dell’innocenza, un tema ricorrente nel suo catalogo.
Lungi dall’essere una semplice storia di fantasmi, *The Turn of the Screw* è un’esplorazione magistrale delle dinamiche relazionali, in particolare quelle che intercorrono tra adulti e bambini, un terreno fertile per l’ambiguità e il tormento interiore.
L’opera, definita da Britten come “opera da camera”, si distingue per la sua concisione compositiva e l’uso parsimonioso degli strumenti.
Ben Glassberg, direttore britannico al suo debutto al Costanzi, sottolinea come, con mezzi musicali ridotti, Britten sia capace di evocare un intero universo immaginario, un palcoscenico dove la dissoluzione dei personaggi si dispiega inesorabile.
La partitura, densa di sottili sfumature psicologiche, amplifica le ambiguità del testo originale, lasciando allo spettatore il compito di interpretare la veridicità degli eventi narrati.
La regia di Warner, supportata dall’ispirazione tratta dalle opere del pittore scozzese James Pryde, promette un allestimento innovativo, capace di scavare nelle profondità del racconto.
Il cast, prevalentemente britannico, è guidato da Ian Bostridge, interprete di riferimento per Britten, nel ruolo inquietante dello spettro Peter Quint.
Il trio femminile, composto da Anna Prohaska (l’istitutrice), Emma Bell (Mrs.
Grose) e Christine Rice (Miss Jessel), offre un panorama di personaggi complessi e sfaccettati.
Il ruolo dei due bambini, Miles e Flora, interpretati rispettivamente da Zandy Hull e Cecily Balmforth, rappresenta un elemento cruciale nell’economia dell’opera, incarnando l’innocenza e la vulnerabilità costrette a confrontarsi con forze oscure.
L’opera, articolata in un prologo e due atti, si rivela un’intricata riflessione sulla memoria, la colpa e la percezione, temi universali che risuonano con particolare intensità nel contesto della narrativa gotica.
*The Turn of the Screw* si inserisce in un percorso artistico che, come in *Peter Grimes* e *Billy Budd*, indaga le ferite del passato e la fragilità dell’animo umano.
La pubblicazione collegata, *Calibano*, con il titolo “the turn of the screw / dove abita la paura”, offre un’ulteriore occasione di approfondimento, con un incontro pubblico che vedrà la partecipazione di Deborah Warner, Letizia Muratori, Carmen Gallo e Andrea Peghinelli.
Un’immersione totale in un universo di ombre e verità nascoste.