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martedì 21 Ottobre 2025

Fiorello a Radio 2: l’assenza che conquista.

Un’aria sospesa, rarefatta, permea lo studio.
Non il caos creativo di un inizio, ma un silenzio inatteso, quasi surreale.
La prima puntata de *La Pennicanza*, il ritorno radiofonico di Fiorello su Rai Radio 2, si apre con un’assenza che ne amplifica la presenza.
Non c’è il Maestro Enrico Cremonesi al pianoforte, le note scritte dagli autori giacciono abbandonate sul tavolo, il regista si è accomodato, pensieroso, su uno sgabello, mentre l’ufficio stampa cerca di decifrare un imprevisto che sfida ogni protocollo.
L’attesa, palpabile, si mescola a un sorriso accennato dalla dirigenza, che si interroga, con un misto di preoccupazione e divertimento, sulla fattibilità di considerare tale evento come puntata effettiva ai fini contrattuali.

Fabrizio Biggio, in collegamento telefonico, lancia una frecciatina, sottilmente ironica, rivolgendosi a Fiorello, la cui voce, affaticata, giunge solo attraverso un microfono.

La situazione, apparentemente caotica, si rivela, a ben vedere, l’ennesima dimostrazione della capacità di Fiorello di sovvertire le aspettative, di giocare con le convenzioni, di trasformare un intoppo in un’occasione.

“È come voler sedere sul trono di Bruno Vespa,” confessa Fiorello, con un sorriso velato di malizia, alludendo alla recente irruzione televisiva su Rai1, un blitz improvviso che lo ha visto protagonista subito dopo il telegiornale, in quello spazio solitamente occupato da *Cinque minuti* dello stesso Vespa.

Un esperimento, ammette, che ha riscosso un notevole successo di pubblico.

L’irruzione, una sorta di *coup* mediatico, ha lasciato il pubblico interdetto, tra stupore e divertimento.
Le immagini, accelerate, i cambi di scena fulminei, la sequenza di ospiti a sorpresa – da Raoul Bova a Bruno Vespa, passando per una Noemi in una performance canora condensata in un lampo – hanno creato un’esperienza quasi onirica.
Dietro questa apparente improvvisazione, si cela una riflessione più profonda.
Fiorello, con la sua consueta capacità di decostruire il sistema, mette in discussione i modelli consolidati, le dinamiche del potere, i confini tra realtà e finzione.
La sua assenza, paradossalmente, diventa il fulcro di un messaggio: la spontaneità, l’autenticità, la capacità di sorprendere sono valori imprescindibili in un mondo sempre più standardizzato.

La telefonata, breve ma intensa, si conclude con la promessa di un riposo e la speranza di una presenza fisica e operativa per la puntata successiva.
Un sincero ringraziamento al pubblico, ai fan, con la promessa di continuare a impegnarsi per offrire idee innovative e coinvolgenti.

La parola “scuse” è pronunciata con umiltà, ma trasmette anche la volontà di riconquistare la fiducia di un pubblico che, al di là degli imprevisti, continua ad apprezzare la sua capacità di trasformare un problema in un’opportunità, un intoppo in uno spettacolo.

L’assenza non è dunque un fallimento, ma un preludio a qualcosa di nuovo, un invito a non dare nulla per scontato.

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