La celebrazione del centenario de *La corazzata Potemkin* di Sergej Ėjzenštejn rappresenta un’occasione per rivalutare un’opera che trascende il mero canone cinematografico, elevandosi a documento storico, manifesto artistico e paradigma della rivoluzione estetica.
Il suo impatto culturale, tuttavia, in Italia, è paradossalmente mediato da un’associazione inaspettata: la citazione ironica e disincantata presente in un film comico come *Fantozzi contro tutti*.
Questa distorsione, sebbene divertente, rischia di offuscare la grandezza e la complessità dell’originale, riducendolo a un mero pretesto per una gag.
La potenza di *La corazzata Potemkin* non risiede unicamente nella sua narrazione della rivolta di un equipaggio di una nave militare zarista nel 1905, ma nel modo rivoluzionario in cui Ėjzenštejn racconta la storia.
Il regista, fortemente influenzato dalle teorie montaggistiche di Lev Kuleshov, utilizza il montaggio non come semplice giustapposizione di immagini, ma come strumento per manipolare le emozioni dello spettatore.
Le sequenze, brevi e dinamiche, create attraverso l’accostamento di piani ravvicinati, campi lunghi e dettagli simbolici, generano un’esperienza visiva intensa e destabilizzante.
La celebre scena della scalinata di Odessa, ad esempio, non è una semplice descrizione di una sommossa.
Attraverso il montaggio serrato e l’uso di angolazioni inusuali, Ėjzenštejn trasforma l’evento in un’esperienza catartica, suscitando un senso di terrore e di empatia per le vittime.
La sequenza, con la sua iconografia potente, è diventata un simbolo universale di oppressione e di resistenza.
Oltre all’innovazione tecnica, *La corazzata Potemkin* si distingue per il suo profondo impegno politico.
Ėjzenštejn, fervente sostenitore della rivoluzione bolscevica, intendeva creare un’opera che celebrasse la forza del popolo e denunciasse le ingiustizie del regime zarista.
Il film, sebbene idealizzato nella sua rappresentazione della rivoluzione, offre uno sguardo acuto sulle condizioni di vita degli umili e sulla loro lotta per la dignità.
L’eredità de *La corazzata Potemkin* è immensa.
Ha influenzato generazioni di registi, non solo in ambito cinematografico, ma anche in altre forme d’arte come il teatro, la fotografia e la pubblicità.
Le sue tecniche di montaggio sono state riprese e adattate in tutto il mondo, diventando parte integrante del linguaggio cinematografico contemporaneo.
La citazione in *Fantozzi*, quindi, pur segnalando la familiarità del pubblico con l’opera, ne banalizza la portata.
È importante recuperare la visione originale de *La corazzata Potemkin*, apprezzandola non solo come pietra miliare del cinema muto, ma come un’opera d’arte che continua a interrogarci sul potere, la rivoluzione e la condizione umana, con la stessa urgenza e rilevanza di cento anni fa.
Il rischio è che, se relegata a mero oggetto di parodia, si perda la possibilità di comprendere la sua vera e profonda ricchezza.





