“La vita va così”, l’opera prima registica di Riccardo Milani, inaugurante la ventesima Festa di Roma e distribuita nelle sale dal 23 ottobre, si presenta come un affresco potente e commovente, un legal drama intriso di profumi di mirto e salsedine, ambientato in un territorio sardo meridionale di struggente bellezza.
Il film, ispirato a un caso reale, trascina lo spettatore in un conflitto epocale: la titanica resistenza di un uomo, custode di un’antica eredità, contro l’incalzante avanzata di un capitalismo che misura ogni valore in termini di profitto.
Al centro della narrazione troviamo Efisio Mulas, interpretato con una forza silenziosa che incanta, un pastore anziano ancorato alle proprie radici, simbolo di una Sardegna che non vuole arrendersi.
La sua dimora, una piccola casa arroccata tra il mare e il bestiame, non è solo un rifugio, ma una sentinella contro l’omologazione, un baluardo di un’identità culturale che rischia di essere cancellata.
Di fronte a lui si erge Giacomo (Diego Abatantuono), il volto patinato e spregiudicato di un gruppo immobiliare milanese, animato da una visione ben precisa: trasformare quel lembo di terra incontaminata in un lussuoso resort, un’oasi di consumo destinata a un turismo di élite.
A mediare tra queste due realtà inconciliabili, con la pragmatica determinazione di chi cerca un compromesso, si stagura la figura di Francesca (Virginia Raffaele), figlia di Efisio, lacerata tra il desiderio di un futuro migliore per la sua famiglia e il rispetto per il patrimonio culturale del padre.
Il conflitto si intensifica con l’intervento di Mariano (Aldo del trio Giovanni e Giacomo), il capo cantiere incaricato di convincere Efisio a cedere l’ultimo tratto di terreno, un compito gravato da un senso di responsabilità e un crescente turbamento interiore.
A vigilare sulla legalità, con l’equilibrio e l’imparzialità richiesta dal suo ruolo, interviene Giovanna (Geppi Cucciari), una magistrata legata indissolubilmente a quel territorio, chiamata a giudicare una vertenza che mette in discussione i valori fondamentali della comunità.
“La vita va così” non è semplicemente una storia di resistenza, ma una riflessione profonda sull’eredità, la giustizia, la necessità di preservare la propria identità di fronte all’inevitabile cambiamento.
È un’analisi acuta dei meccanismi del potere, della fragilità delle comunità e del coraggio di chi, come Efisio, sceglie di opporsi all’omologazione, difendendo un angolo di Sardegna che rischia di scomparire sotto il peso del progresso.
Un’opera che scuote le coscienze e invita a interrogarci sul significato di “vita” e su come vogliamo che “vada così”.