lunedì 28 Luglio 2025
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Lady Macbeth: Torbidoni tra demonio e iconografia siciliana

Marta Torbidoni, acclamata soprano marchigiana, si appresta a incarnare una Lady Macbeth radicalmente reinterpretata, un’entità che trascende il tradizionale ritratto shakespeariano per immergersi in una sfera demoniaca e primordiale.

La regia di Emma Dante, già trionfatrice nel 2019 con lo stesso titolo, ne offre una visione innovativa, ripresa da Federico Gagliardi sotto la bacchetta di Fabrizio Maria Carminati e il sostegno del coro lirico marchigiano “V.
Bellini”, nell’ambito del 61° Macerata Opera Festival.
L’interpretazione di Torbidoni, profondamente connessa alla visione registica, richiede un’immersione fisica e vocale senza precedenti.
L’immagine scenica che emerge è quella di una creatura ibrida, una figura terreno e bestiale, la cui ferocia lucida è sottolineata da un abbigliamento specifico: una folta pelliccia, una parrucca voluminosa e guanti vermigli che richiamano gli artigli di un predatore.
Questo elemento scenico, apparentemente accessorio, impone una difficoltà interpretativa non indifferente, mettendo a dura prova la resistenza fisica della cantante e rendendo evidente la volontà di una regia che non si limita a una rappresentazione superficiale, ma che vuole scavare a fondo nell’animo del personaggio.

La scelta di Dante si rivela coerente con la visione stessa di Verdi, che concepì la partitura come un’esigenza drammatica imprescindibile.
Il compositore, in contrasto con le convenzioni del tempo, lottò con il librettista Francesco Maria Piave per una prosa essenziale, concisa, ridotta a “parola scenica”, tanto da auspicare una voce “brutta” al servizio del dramma, a discapito dell’estetica canora.
Questa visione, sebbene estremizzata, si riflette nella necessità per Torbidoni di trovare colori vocali inattesi, ben lontani dalla grazia di una “Casta Diva”, affrontando salti cromatici arditi che richiedono una tecnica impeccabile e una profonda sensibilità artistica.
L’ispirazione per la sua interpretazione affonda le radici nel saggio “Regina di sangue.
La vera storia di Lady Macbeth” di Joanna Courtnay, un’analisi che scava nel profondo della psiche di una donna assetata di potere, disposta a tutto per raggiungere i propri obiettivi.

Il rapporto con il marito non è permeato da tenerezza o maternità, ma da una dinamica di dominio e controllo.
Mentre Macbeth è tormentato da scrupoli, Lady Macbeth agisce con una determinazione perfida, celando ogni sentimento, un accumulo di emozioni che esploderà con conseguenze fatali.
Questa distanza emotiva la differenzia da Norma, eroe tragico profondamente umano, e la proietta in un ruolo antagonista, quasi innaturale, stimolando in Torbidoni la volontà di esplorare aspetti inesplorati della propria personalità.
L’opera, ambientata nella Scozia medievale, racconta l’ascesa e la caduta di un principe manipolato dalla moglie, un uomo disposto a spargere sangue innocente per ottenere la corona.

Il dramma si dipana tra profezie oscure, allucinazioni colpevoli e ipocriti pentimenti, culminando nella sconfitta del tiranno per mano di coloro che ha tradito.
La messinscena di Dante, caratterizzata da imponenti cancelli semoventi che definiscono il castello e la solitudine della coppia reale, attinge a piene mani all’iconografia siciliana, rievocando l’affresco del Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis, la Deposizione del corpo del re Duncano e la suggestiva foresta di fichi d’India di Birman.

La presenza di danzatori-attori, veri e propri “doppi” degli interpreti, amplifica l’effetto drammatico, traducendo intenzioni e caratteristiche in un linguaggio visivo potente e suggestivo.
Il cast è completato da Franco Vassallo (Macbeth), Simòn Orfila (Banco), Federica Sardella (Dama di Lady Macbeth), Antonio Poli (Macduff) e Oronzo D’Urso (Malcolm).

Le scene sono a cura di Carmine Maringola, i costumi di Vanessa Sannino, le coreografie di Manuela Lo Sicco.

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