Il crepuscolo del 1912 si adombra sulla penombra di un treno in partenza da Bologna.
Non un convoglio qualunque, ma un corteo funebre mobile, destinazione San Mauro di Romagna, per celebrare gli ultimi onori a Giovanni Pascoli, voce fragile e acuta che aveva saputo cogliere l’essenza intima e spesso dolorosa dell’esistenza.
A bordo, un mosaico umano: studenti rapiti dalla sua poesia, figure istituzionali testimoni del suo prestigio, parenti stretti, tra cui la sorella Maria, o Mariù, custode di ricordi indelebili e di un legame profondo.
Il viaggio, più che un semplice tragitto, si rivela un affresco della nazione in lutto.
Attraverso i finestrini si scorrono immagini di un’Italia che si stringe attorno alla figura del poeta, incarnazione di un’attenzione inedita per il quotidiano, per il dettaglio, per i piccoli, apparentemente insignificanti, elementi che costituiscono l’architettura della vita.
Giuseppe Piccioni, con la sua opera cinematografica “Zvanì – Il Romanzo Famigliare di Giovanni Pascoli”, presentato in anteprima alle Giornate degli Autori a Venezia, non si limita a ricostruire un evento biografico.
Il film si propone come un’immersione nel paesaggio interiore del poeta, un tentativo di decifrare il significato del suo lavoro e le radici del suo tormento.
Pascoli, figura complessa e contraddittoria, fu un intellettuale profondamente legato alla terra e alle tradizioni, ma anche un uomo segnato da lutti e da una sensibilità esasperata.
La sua poesia, spesso definita “impressionista”, fu una rivoluzione linguistica e tematica, capace di coniugare l’intimità del sentimento con l’analisi sociale e politica.
Egli seppe parlare al cuore degli italiani, elevando il valore del lavoro umile, della natura incontaminata e dei legami familiari.
“Zvanì”, termine dialettale romagnolo che indica il richiamo del gallo all’alba, diviene così metafora del risveglio, della rinascita, ma anche dell’inquietudine e della precarietà che animarono la vita del poeta.
Piccioni, attraverso un linguaggio cinematografico raffinato e suggestivo, ci conduce in un viaggio emozionante alla scoperta di un artista troppo spesso ridotto a stereotipi e a interpretazioni superficiali, rivelando la sua umanità profonda e la sua inestimabile eredità letteraria.
Il film non è solo un omaggio a Pascoli, ma anche una riflessione sul ruolo dell’intellettuale nel contesto storico e sociale del suo tempo, e sulla capacità dell’arte di trasformare il dolore in bellezza e la fragilità in forza.